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Riccardo, dal Teatro della Brigata a Dustin Hoffman e Servillo

Domenica 21 Giugno 2020 — 07:00

Da Livorno a Roma per inseguire il sogno di recitare: Riccardo Marinari racconta la sua carriera tra teatro, spot pubblicitari e film

di Tommaso Lucchesi

Il sogno di diventare attore, tre città per realizzarlo. Riccardo Marinari (nella foto di Marcello Norberth scattata per l’artista), classe 1993, nasce a Livorno ma vive a Roma per continuare a vivere un sogno chiamato recitazione. Attore diplomato al prestigioso Teatro Stabile di Genova, Riccardo studia Giurisprudenza nella capitale dove prosegue parallelamente la sua carriera tra spettacoli teatrali, spot televisivi e apparizioni cinematografiche. Il debutto sul grande schermo è avvenuto lo scorso anno col film “L’uomo del labirinto” in cui, al suo fianco, sono apparsi attori del calibro di Toni Servillo e Dustin Hoffman. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua cavalcata dal “nostro” Teatro della Brigata fino all’ingresso nel mondo della settima arte.

Riccardo, partiamo dal principio: come ti appassioni al palco e quando inizi a bazzicare le quinte?
“Fin da piccolo ho praticato teatro ma il mio primo vero approccio avvenne durante gli anni di università con il Teatro della Brigata, sotto l’ala di maestri come Andrea Gambuzza e Ilaria Di Luca che mi hanno davvero cambiato la visione di quest’arte. Le prime volte andavo a questi corsi quasi di nascosto, come fosse una parte di me talmente profonda che non volevo manifestare subito. Col tempo e con la grande passione che stavo coltivando, arrivai a un punto che non potevo più tenere tutto per me. Dopo qualche anno, fatto capire ai genitori che la mia strada sarebbe stata quella, mi sono iscritto al noto Teatro Stabile di Genova dove ho passato tre meravigliosi anni, entrando in contatto con grandi attori e insegnanti di livello nazionale. Il mio esordio sul palco genovese è stato con Sangue matto, grazie al quale ho iniziato una splendida collaborazione con la regista Elena Gigliotti. Misi anima e corpo per rendere al meglio il mio personaggio con un ritmo di 12 ore al giorno di prove ma una volta in scena, con i colleghi giusti, paure e fatiche sono sparite e la felicità di avere il pubblico che partecipava era qualcosa di indescrivibile”.

Come Modigliani per cercare “fortuna” sei uscito da Livorno a 22 anni per inseguire i tuoi sogni. Cosa hai fatto conclusa l’esperienza di Genova?
“Dopo il triennio in cui ho vissuto in Liguria e mi sono diplomato, nel 2018 mi sono trasferito a Roma per proseguire le esperienze teatrali e gli studi in Giurisprudenza. Ho fatto realizzare dal fotografo Marcello Norberth un album fotografico e ho iniziato a mandarlo a varie agenzie. Alla fine ho scelto la Moviement e l’agente di spettacolo Daniela Di Santo che, ho scoperto in seguito, essere stata fino a qualche anno fa procuratrice di Elio Germano, il mio attore italiano preferito! Attualmente studio a Roma Tre e nel mentre lavoro come assistente casting per Cinecittà aiutando a selezionare gli attori per i film. Naturalmente non rinuncio a fare provini per tutto quello che la mia agenzia mi propone”.

Qual è stato il tuo primo lavoro con l’agenzia? C’entra uno spot per una nota catena di fast food?
“Esatto! Mi chiama la mia agente e mi dice entusiasta che stavano facendo i provini per una pubblicità: “Non è Sorrentino ma per cominciare va benissimo così!”. Ero contento e non c’è da essere “snob” nel nostro lavoro, ogni cosa che fai deve essere fatta seriamente. Era la prima volta che recitavo in uno spot e fu un’esperienza veramente divertente: una troupe con un catering stupendo che, tra i tanti aneddoti, ci preparò il vitel tonnè mentre noi ormai volevamo i panini del fast food. Inoltre essendo uno spot dovevamo girare frequentemente le stesse scene con l’attore – io in questo caso – che chiedeva ogni volta una variante diversa del menù. Dopo ore che ripetevo la stessa battuta, mi scoppiò un riso che non riuscivo più a contenere! La pubblicità è andata in onda per un annetto sulle reti nazionali e ancora oggi qualche volta passa in tv.”

Lo scorso anno fai il tuo debutto in “L’uomo del labirinto” con Dustin Hoffman e Toni Servillo. Come è stato recitare al fianco di questi “mostri”?
“Un’esperienza straordinaria, impreziosita dall’aiuto costante del regista Donato Carrisi che non mi hai mai fatto mancare il supporto anche nei momenti più tesi delle riprese. Nonostante mi avesse già visto recitare, ho sostenuto ben tre provini con lui; è un grande esempio di professionalità. Malgrado fosse una piccola parte, una volta saputo che avrei recitato con Hoffman e Servillo, ricordo di non averci dormito la notte precedente. Il giorno dopo ho conosciuto Dustin Hoffman che mi ha augurato “Buona fortuna” in italiano e ha assistito al primo ciak della mia vita. Pensare di avere “Rainman” che mi guardava mentre recitavo mi rendeva parecchio teso ma la scena andò bene. Devo nominare anche l’attore con cui ho fatto la parte Vinicio Marchioni e l’altra protagonista Valentina Bellè che mi sono stati vicini durante la lavorazione. Ho incrociato Toni Servillo una volta ma non ho voluto distrarlo perché lo vedevo sempre molto immerso a ripetere la sua parte anche fuori dal set. Quello che mi ha colpito è stato l’atteggiamento molto amichevole e informale dei due “colossi” in momenti come il catering, quando aspettavano serenamente in fila con tutti gli altri addetti ai lavori, senza privilegi particolari. Quando mi sono rivisto sullo schermo alla prima a Roma è stata un’emozione surreale.”

Come reputi il mondo teatrale livornese?
“Fantastico: mi ha dato le basi per quello che ho fatto successivamente e non posso che ringraziarlo. Amo la mia città e posso garantirvi che ovunque sono andato non è mai mancato qualcuno che mi chiedesse di parlargli di Livorno. Abbiamo una fortissima identità di cui molti livornesi non sono consapevoli e non ci rendiamo conto del fascino che la città esercita in Italia. Sul fronte teatrale c’è un tessuto di giovani attori talentuosi che aspettano solo l’occasione di essere scoperti. Posso testimoniare che la nostra gente ha fame di teatro e cinema come quando assistetti alla proiezione al Cinema 4 Mori del corto “Vestiti ammodino” del mio amico Umberto Junior Vivaldi, in cui riuscimmo a riempire una sala intera con un progetto sperimentale. Se vogliamo parlare di problemi generali del teatro italiano non si pensi tanto allo stato di salute del teatro, quanto di una cancrena nei meccanismi di distribuzione e circolazione degli spettacoli, troppo legati alle esigenze economiche del produttore e meno al volere del pubblico.”

Progetti futuri?
“Ho recitato una piccola parte in un film di Pif di prossima uscita e dovrei comparire in un film prodotto da Netflix. Vediamo cosa mi riserverà il futuro…”.

Infine, cosa significa per te fare teatro?
“Una delle avventure più belle della mia vita. Il teatro permette il recupero dell’esperienza collettiva, oggi sempre più difficile, e lo studio della bellezza della parola, non solo per comunicare ma anche per emozionare. Il teatro è un’arte per stare meglio, direi che è terapeutico, e dona un linguaggio alle proprie sensazioni. Naturalmente consiglio a tutti gli aspiranti attori di impegnarsi a mille perchè non è un lavoro frivolo come il mito hollywoodiano ci ha fatto intendere ma richiede tempo, fatica e una gigantesca passione e chi la sente profondamente può davvero raccontare una storia. Quando reciti hai una responsabilità: da un lato difendi il tuo ruolo e la tua opera e, dall’altro, rispetti lo spettatore che ha trovato tempo e soldi per venire a vederti”.

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