Dalla banca alla scuola di scrittura che scova talenti (passando per la videoteca)
Questa è la storia di Francesco Mencacci, crisalide divenuta farfalla nel mondo dell'editoria e della narrazione, passando dallo sportello di banca e svolazzando tra i dvd a noleggio di una videoteca e sulle pagine di un mensile di cinema. Ecco a voi il direttore della Scuola Carver, l'uomo che allena lo stupore
“Alleniamo lo stupore”. Uno slogan, quello della scuola di scrittura creativa da lui creata e diretta, la Scuola Carver, che calza a pennello con il filo rosso di tutta la sua vita, fatta di colpi di scena e continui occhi sgranati davanti a sliding doors aperte e imboccate al volo come se non ci fosse un domani. In maniera a volte disperata, a volte incosciente, a volte fin troppo ragionata. Se la sua vita fosse un film sarebbe una commedia surreale con continui ribaltamenti di fronte che abbracciano il grottesco per renderlo dannatamente reale e tangibile. Lui è Francesco Mencacci, voce metallicamente rotta e graffiata dal “troppo raccontare”, sguardo visionario di chi “I have a dream” e l’ha realizzato un po’ a modo suo, un po’ forse senza neanche accorgersene fino in fondo (shhh, facciamo piano, non diciamoglielo che forse non se n’è ancora accorto davvero).
Nato a Milano per “sbaglio” quasi 47 anni fa da genitori livornesi, in una famiglia di insegnanti (la mamma insegnante di francese al Vespucci, la zia prof. di lettere al Colombo, il resto è un etc. etc. fatto di insegnanti) la vita lo ha condotto inevitabilmente sul binario scavato a fuoco nel suo Dna dell’insegnamento. Ma, un passo alla volta. Alleniamoci allo stupore andando a scoprire una ad una le carte sul panno verde dell’esistenza di Francesco per poi andare in all-in quando sarà il momento.
Dicevamo nasce per “sbaglio” in terra meneghina ma a Livorno cresce e si forma. Liceo scientifico, poi la strada più o meno consapevole di Economia e Commercio dove “spacca” con un bel 110 in 4 anni ed entra subito a lavorare in banca alla Bipop Carire di Reggio Emilia. Il tutto sempre condito da una sana e irrefrenabile voglia di lettura per la narrativa e un’immancabile dose di curiosità per il mondo che gira intorno. Dopo un girovagare errabondo approda dove ogni livornese di 27 anni vorrebbe lavorare: filiale front of Terrazza Mascagni. Pausa pranzo baciato dal sole, a due passi da casa, brioche e salmastro. Cosa volere di più dalla vita? Ma il Lucano, per parafrasare la storica pubblicità, a Mencacci non è mai piaciuto e così, inizia il giro di giostra. “Sono sempre stato un dipendente di banca atipico – spiega Francesco – sentivo che questo ruolo non era fatto per me. Ci stavo stretto. E nel frattempo mi divertivo a fare dei piccoli ritratti scritti dei colleghi. Ma la banca piano piano, e sempre di più, mi era indigesta. Così che una sera dopo un pianto notturno liberatorio condito da sensi di colpa per i miei genitori che tanto faticarono a farmi studiare, mi presentai dal super mega direttore, che il solo passaggio tra le scrivanie incuteva timore, per presentare le mie dimissioni. Un atto di coraggio supportato dal fatto che nel frattempo avevo messo in piedi una piccola videoteca nella quale avevo intenzione di rifugiarmi sempre di più. Lui mi guardò di sottecchi, prese la lettera, mi riguardò. Terrore. Poi la frase che mi liberò definitivamente da quel giogo: E aspetta dell’altro ad andartene. Te cosa ci stai a che fare qui dentro?… Aveva capito tutto. Ma non mi disse mai niente fino al momento in cui non fui io a prendere l’iniziativa. Fui libero, mi dette la benedizione”.
E così Mencacci andò libero di noleggiare le sue videocassette e dvd all’interno di un fondo ad Ardenza Terra. “Video Ardenza”. Così si chiamava il negozietto. E nel frattempo scriveva recensioni cinematografiche per una rivista milanese per la quale ha partecipato anche a parecchi festival internazionali di cinema. Un bellissimo scenario dorato, cinque anni magici dove la vita di Francesco Mencacci si colora e assume tinteggiature da Oscar, a cena con De Sica a Roma, inviato al Santa Monica Film Festival negli Usa. Ma… Arriviamo all’ennesima svolta e ad un altro scontroso quanto evidente “ma”.
Il mensile chiude e il mercato dei film a noleggio lentamente, ma anche qua, inesorabilmente, iniziò a lanciare il suo mayday. “La vita è così, ti devi sempre abituare al fatto che le cose iniziano e finiscono. Inevitabilmente. Ed è necessario reinventarsi”. Nel frattempo il nostro “eroe” che aveva iniziato a frequentare corsi in giro per l’Italia di scrittura creativa (come i corsi esterni delle Scuola Holden) nel 2009 si guardò nuovamente dentro e tirò fuori l’ennesimo coniglio dal cilindro della sua vita. Così per “divertimento”, ma soprattutto per “passione”, bussò alla vecchia libreria Belforte in via della Madonna e propose un corso di scrittura creativa. Il patto era chiaro: Mencacci avrebbe fatto vendere libri che consigliava durante i corsi e in cambio riceveva la possibilità di svolgere le sue lezioni negli spazi della libreria. E così partì con il primo corso nel 2010: Corso di lettura e scrittura di Francesco Mencacci a cui parteciparono i primi 7 allievi. “E di loro mi ricordo nomi e connotati. Tutto”.
Piano piano questi allievi sono cresciuti. L’anno dopo 15, poi 30 poi 45 fino a che arrivò la necessità di dividerli in due corsi. Così il più o meno inconsapevole “I have a dream” sopito da anni di Economia, banca, videocassette, corsi e famiglie di insegnanti, faceva finalmente capolino come la talpa Enrico che sbuca dalla tana per dialogare con Lupo Alberto. Ecco che si faceva sempre più palese la concretezza della scuola di scrittura: un contenitore dove da una parte vendere e diffondere la cultura dei libri e dall’altra portare avanti la didattica della palestra della scrittura e perché no, magari una casa editrice. Ed ecco nel 2014 la sede storica di via Roma. Apertura in grande. E la Scuola Carver prende vita. Arrivano i primi “prof”, Valerio Nardoni per il corso di racconto, Veronica Galletta per il romanzo. La Scuola Carver inizia a camminare con le sue gambe e cresce in tutta la Toscana. Sempre di più. Fino ad estendere i confini in altre regioni d’Italia.
“Perché Carver? Perché Carver è lo scrittore che, oltre ad aver scritto un manuale seguitissimo e super letto dagli aspiranti scrittori di tutto il mondo dal titolo Il mestiere di scrivere, è stato uno dei pochi che ha aperto la bottega artigiana del suo mestiere svelandone i segreti. Uno dei primi o uno dei pochi. Ma soprattutto abbiamo intitolato la scuola a questo scrittore per una frase che ci fulminò: uno scrittore deve essere in grado di stupirsi davanti a tutto, un tramonto o una scarpa vecchia e rotta. E non è un caso che uno degli esercizi che affrontiamo spesso in aula è: guardate le vostre scarpe e scrivete cosa vedete. Stupore per le vostre scarpe. Stupore per tutto: per un tramonto son bravi tutti, ma per una scarpa?”.
Importanza dunque per lo sguardo e lo stupore. Ma tra le parole chiave usate dalla Scuola Carver c’è anche “endotico” che è il contrario di “esotico”. Mentre l’esotico è ciò che è lontano l’endotico è ciò che è vicino. E dal 28 settembre la Scuola Carver, che è ospitata ormai da tre anni nei locali della libreria Feltrinelli di via Di Franco e nella Villa del Presidente in via Marradi, aprirà i battenti ai vecchi e nuovi iscritti con una lezione open day che partirà proprio dall’endotico. Tante le proposte innovative di questa nuova stagione letteraria che vanno dal corso di narrazione orale tenuto dal cantastorie Giovanni Balzaretti fino al corso di lettura e rivisitazione dei classici antichi che sarà tenuto dal docente Francesco Parasole. Ma Scuola Carver significa anche corso di cinema con Federico Frusciante, corso editing, palestra dei fondamentali, corso racconto e corso per gli aspiranti romanzieri.
Il sogno si è veramente trasformato in una splendida realtà. La crisalide è farfalla. In Toscana Carver ha messo radici oltre che a Livorno a Pisa, Lucca, Pontedera, Firenze, Siena Prato, Marina di Pisa e San Vincenzo. Fuori Toscana i carveriani sono a Modena, Menfi (Agrigento) e a Trieste. Per non parlare della casa editrice Valigie Rosse, che, tra le tante iniziative, seleziona le penne dall’ombra e dai “banchi di scuola” della Carver per avviarle al percorso editoriale. Si tratta della collana Valigie di Carver. Quest’anno l’immagine “cardine” della scuola è dedicata a Georges Perec, l’artista che per tre giorni si sedette su di una panchina in una piazza a Parigi per “esaurire l’abitudine”, descrivendo l’indescrivibile normalità dello scorrere delle ore.
Alla fine Mencacci ha avuto il coraggio, o l’inconsapevole sfrontatezza, di gettare tutte le fiches che aveva su quel tavolo. All-in, signori. E una volta arrivati al river non è rimasto altro che scoprire le carte e rendersi conto, con stupore, che su quella sponda del fiume dove tutti sono abituati come i cinesi a veder passar cadaveri, lui non aspettava proprio un bel niente… ma aveva dannatamente una mano vincente da stendere sul panno verde: la voglia di stupirsi ancora.
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