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“Un tram che si chiama desiderio” al Goldoni

Martedì 29 Ottobre 2019 — 07:30

Due ore e mezza di spettacolo dal ritmo incalzante, per una storia che alza ancora una volta il velo sulla macchina oppressiva della famiglia, dell’anima ipocrita dei pregiudizi

La leggenda vuole che fosse proprio su un tram, su cui girovagava da studente, che il giovanissimo Tennessee Williams si facesse l’idea di un dramma che svelava il lato oscuro del sogno americano. Questa storia divenne “Un tram che si chiama desiderio”, il suo capolavoro. Un testo amato, odiato, comunque conosciuto in tutto il mondo, una pietra miliare del teatro e del cinema che ancora oggi si continua a leggere e a vedere rappresentato con interesse ed emozione: martedì 29 ottobre, alle 21, arriverà al Teatro Goldoni di Livorno nella nuovissima versione per il palcoscenico quale titolo inaugurale della stagione di prosa ed in prima rappresentazione per la Toscana (ha debuttato a Pesaro nei giorni scorsi).

Protagonisti due volti noti ed apprezzati dello spettacolo quali Mariangela D’Abbraccio, grande interprete del nostro teatro, reduce dai successi di Filumena Marturano per la regia di Liliana Cavani (che vestirà i panni di di Blanche DuBois) e Daniele Pecci, attore affermato del cinema e del teatro italiano, che sarà Kowalsky; al loro fianco una compagnia affiatata composta da Angela Ciaburri, Stefano Scandaletti, Gabriele Anagni, Erika Puddu, Massimo Odierna.

La regia dello spettacolo, insieme a scene e costumi, sono firmati da un grande maestro di fama internazionale: Pier Luigi Pizzi, fondatore con Giorgio De Lullo, Romolo Valli e Rossella Falk della “Compagnia dei giovani”. Regista, scenografo, costumista ha dedicato le sue immense doti di creatività e sensibilità al servizio di spettacoli teatrali sia di prosa che di lirica, con lavori che hanno segnato il percorso e l’evoluzione della storia del Teatro. Ogni suo spettacolo porta il segno dell’eccezionalità.

Due ore e mezza di spettacolo dal ritmo incalzante, per una storia che alza ancora una volta il velo sulla macchina oppressiva della famiglia, dell’anima ipocrita dei pregiudizi, la feroce stupidità delle paure morali.

Il dramma, premio Pulitzer nel ’47, metteva per la prima volta l’America allo specchio su cose come l’omosessualità, sesso, disagio mentale, famiglia come luogo non proprio raccomandabile, maschilismo, femminilità maltrattata, ipocrisia sociale. Col tempo è diventato veicolo di altre ragioni, sociologiche, ideologiche. Il testo è ambientato nella New Orleans degli anni ’40 e narra la storia di Blanche che dopo che la casa di famiglia è stata pignorata si trasferisce dalla sorella Stella sposata con un uomo rozzo e volgare di origine polacca, Stanley. Blanche è alcolizzata, vedova di un marito omosessuale, e cercherà, fallendo, di ricostruire un rapporto salvifico con Mitch, amico di Stanley. Ma il violento conflitto che si innesca fra lei e Stanley, la porterà alla pazzia, già latente in lei.

“Un tram che si chiama desiderio”, nella traduzione di Masolino D’Amico, è prodotto da Gitiesse Artisti Riuniti in coproduzione con La Pirandelliana e in collaborazione con AMAT

Info: 0586-20.42.90. oppure www.goldoniteatro.it.

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