Cerca nel quotidiano:

Condividi:

Il secondo figlio di Dio: ricordo del Cristo dell’Amiata

Lunedì 27 Marzo 2017 — 10:53

di Claudio Fedele

“Ci sono uomini straordinari, che arrivano all’improvviso a illuminare le tenebre” con questo suggestivo e promettente assioma si apre l’ultima fatica di Simone Cristicchi, incentrata sulla figura di David Lazzaretti, Il Secondo Figlio di Dio. Lazzaretti, chiamato anche “il Cristo del Monte Amiata” appartiene a quella schiera di persone che la storia sembra aver dimenticato, essersi lasciata alle spalle definitivamente e condannata all’oblio assoluto, per il fatto che queste fossero politicamente scomode, perché si opposero o cercarono di opporsi ai poteri forti del tempo, ma soprattutto perché seguirono un’idea, un’ispirazione tanto rivoluzionaria da mettere alla prova i governi ed i potenti dell’epoca in cui vissero.
Lazzaretti oggi è a malapena presente nella mente delle persone, di lui si ha poco o nulla che ne confermi l’esistenza (che fine hanno fatto i suoi scritti? Dov’è situata la sua tomba?), e nell’immaginario collettivo la sua figura, così come il suo operato, sono tanto assenti da far pensare che questi non sia altro che una mistica leggenda della maremma toscana; un uomo semplice, dunque, uno dei tanti che sono di passaggio in questo mondo, condannato alla “damnatio memoriae” degli anni e della società. Nato a Arcidosso nel 1834, figlio di un carrettiere, cresciuto tra i paesini del Monte Amiata, tra Siena e Grosseto, in quella dura terra tanto aspra, quanto feconda di persone straordinarie nella loro semplicità e dedizione al lavoro, David fin da giovane segue un percorso che lo porterà ad elevarsi, conducendolo ad essere un vero e proprio profeta seguito da migliaia di persone che credono in ciò che dice ed in quel che predica. Appassionato di libri, fin da ventenne studia e si approccia alla letteratura del passato, da Dante a Ariosto e Tasso, dai maestri latini a quelli medievali, non c’è libro che non voglia leggere e nozione che si rifiuti di apprendere. La sua vita trascorre da un borgo all’altro, con il suo carroccio, come quella di un normale contadino, fino a quando non riceverà un’apparizione divina che lo porterà ad intraprendere un percorso nuovo, a compiere una missione di cui egli solo è il prescelto, per il benessere dell’umanità e di coloro che gli stanno attorno. Lazzaretti dopo innumerevoli viaggi, un paio dei quali a Roma dal Santo Padre, decide di professare il suo nuovo credo, la sua visione della chiesa di Dio, avvicinandosi al popolo ed a coloro che vengono sfruttati dai padroni e dai burocrati. Fonda, così, una comunità il cui fine è il benessere collettivo, la “Società della Famiglia Cristiana”, che pone le fondamenta per un mondo più giusto, solidale, ove ogni uomo e donna sono gli uni uguali agli altri e dove nessuno viene barbaramente sfruttato.

Il sogno del Secondo Figlio di Dio, tuttavia, non è destinato a perdurare: poiché sempre più seguaci si uniscono alla causa, arrivando la sua fama persino oltre le Alpi, in Francia ed in Inghilterra, diventando perciò un pericolo per le istituzioni, si decide di arrestarlo. Il profeta dell’Amiata, trovò la morte nel 1878, durante una processione, ucciso da un carabiniere; sepolto in terra sconsacrata, privato di ogni rito cristiano, a questi nemmeno un monumento è dedicato, neanche una croce è stata messa sulla sua tomba, solo una targa nel comune natale ci ricorda il suo nome, il nome di un uomo come tanti, un uomo comune, per un’anima che comune ai più non lo era affatto. Di David Lazzaretti, a distanza di quasi duecento anni, la sua è una storia che se non te la raccontano non la sai, e se la sai, forse non ci vuoi credere.

Dopo il grande successo (con annesse dure polemiche) di Magazzino 18, Simone Cristicchi torna a teatro con “Il Secondo Figlio di Dio: Vita, Morte e Miracoli di David Lazzaretti”, continuando il proprio percorso artistico che lo vede quasi come un vero e proprio pioniere di quel genere nuovo che è stato denominato “musical civile”. Per la regia di Antonio Calenda, scritto da Manfredi Rutelli e Cristicchi stesso, la vita del Cristo dell’Amiata prende forma sul palcoscenico proponendo una chiave di lettura interessante nei riguardi del personaggio di Lazzaretti. Di lui, in effetti, ormai poche persone, persino in Toscana, sembra l’abbiano mai sentito nominare e si contano sulle dita di una mano (metaforicamente parlando) quelli che possono vantarsi di conoscerne la biografia, per questo motivo, allontanandosi dalla storia Italiana del ventesimo secolo e prendendo a cuore una vicenda più di nicchia, Simone Cristicchi si fa carico di analizzare, interpretare e rendere nota al suo pubblico la figura di quest’uomo tanto enigmatico quanto affascinante. Ideatore di una forma di proto-socialismo, eretico e famigerato tra le masse, Lazzaretti rivive attraverso le movenze e le sembianze del vincitore del Festival di Sanremo, che senza voler fare una vera e propria denuncia forte nei confronti della società del tempo, non cessa a manifestare il suo attaccamento a figure ambigue, emarginati sociali che godono di un grande fascino e influenza sulle persone. Cristicchi si destreggia in modo più che soddisfacente sul palcoscenico, mostrandosi a suo agio sia nel canto, ma soprattutto nella recitazione e, strano a dirsi, forse proprio è questo aspetto che sorprende e stupisce nel complesso per quanto concerne il suo operato. Gli intermezzi vocali e canori sono ricchi di suggestioni, specie se accompagnati da un buon uso delle luci come, in tal caso, riesce a fare il reparto tecnico dietro le quinte della produzione, ma il cantautore si conquista fin dal primo momento l’attenzione della platea, si muove con eleganza nell’universo da lui creato e narrato, senza mai andare troppo sopra le righe o apparire piatto, continuamente enfatizzando nel modo giusto i passaggi di una vita che assume, minuto dopo minuto, i contorni di un dramma esistenziale che accompagna il genere umano e cerca di coinvolgere lo spettatore. Pur non arrivando mai a vere e proprie punte di pathos, né indirizzando la pièce verso una catarsi purificatrice, Il Secondo Figlio di Dio, a tratti, pare nato dalle ceneri di quelle esegesi dantesche che Benigni soleva fare in giro per l’Italia, ed in special modo a Firenze, per rendere onore e far riscoprire la figura di Dante.

Il Secondo Figlio di Dio, per la regia di Antonio Calenda, è nella sua semplicità un’opera sincera e genuina, che non ha l’ambizione di voler assurgere a diventare una nuova forma di teatro, né di intrattenimento, ma che, proprio nella sua “umiltà” trova quell’originalità che la porta ad essere ricordata e con essa la storia di cui si fa portavoce. Cristicchi scava nel passato di David Lazzaretti, demolisce i poteri forti (della Chiesa e dello Stato), ironizza e accentua il dramma quando è necessario senza mai complicarsi la vita, senza mai lasciare troppo ad elucubrate interpretazioni. Tutto, nella sua ultima fatica, è chiaro e messo ben in evidenza, dai contrasti alle contraddizioni di un paese nato ed unificato per volere di pochi, allo sfruttamento dei poveri ed alla rivoluzione che seguirà alla venuta del Cristo dell’Amiata. Forte di una regia, luci, musiche, scenografie e sceneggiatura di qualità, Il Secondo Figlio di Dio permette ed incoraggia S. Cristicchi a continuare questa forma di teatro, che forse proprio nella ricerca di fede e personalità emarginate ha la sua rappresentazione migliore, accarezzando la storia, facendone forse una lettura non molto approfondita, per mettere in rilievo e privilegiare la figura di uomini e donne di cui però questa ha colpa di essersi lasciata alle spalle.
Rimane da chiedersi come mai, se volessimo proprio cercare una nota poco lusinghiera, un cantante come Cristicchi debba affidarsi al microfono per ampliare la propria voce, non fosse che, l’artificio usato, crei alle volte un distacco con il pubblico dando l’impressione che questi reciti in playback, ma si tratta di un elemento che, nel complesso, non intacca o penalizza poi troppo l’intera messinscena. David Lazzaretti, eretico e rivoluzionario, in fin dei conti, sembra uscito fuori da un canto dantesco e chissà se magari, con la sua vita fatta di profezie, battaglie, oscuri ed arcani segreti, l’interesse che quest’ultimo riesce a suscitare nel pubblico odierno non coinvolga tanto proprio grazie a quell’affinità a quelle figure descritte dall’altissimo Poeta, ma, speculazioni a parte, oggi la sua memoria torna vivere grazie agli sforzi di uno spettacolo che si fa carico di narrare una vicenda di cui ancora pochi, purtroppo, ne conoscono le dinamiche, restituendocela in uno dei miglior modi possibili.

Condividi:

Riproduzione riservata ©

Cerchi visibilità? QuiLivorno.it mette a disposizione una visibilità di oltre 70mila utenti giornalieri: 68.900 su Fb, 7.200 su Ig e 4.700 su X. Richiedi il pacchetto banner e/o articolo redazionale a [email protected] oppure attraverso questo link per avere un preventivo

QuiLivorno.it ha aperto il 12 dicembre 2023 il canale Whatsapp e invita tutti i lettori ad iscriversi. Per l’iscrizione, gratuita, cliccate il seguente link https://whatsapp.com/channel/0029VaGUEMGK0IBjAhIyK12R e attivare la “campanella” per ricevere le notifiche di invio articoli. Ricordiamo, infine, che potete continuare a seguirci sui nostri social Fb, Instagram e X.