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Livorno Baseball, stagione perfetta e ritorno in B dopo 3 anni: “Il segreto? Essere squadra”

Mercoledì 2 Ottobre 2024 — 13:29

Foto in pagina by Matteo Razzauti/Angelo Vietina/FIBS

I Mori del presidente Luciano Vitiello "rompono la maledizione" delle due finali playoff perse consecutivamente e, battendo per 2 gara a 1 i Brewers Roma, tornano nella serie cadetta. Il capitano Piacentini: "La chiave? Essere stati un mix perfetto tra veterani e giovani, una squadra sotto tutti i punti di vista. Adesso lavoriamo sodo per mantenere la categoria"

di Giacomo Niccolini

Una cavalcata praticamente perfetta quella del Livorno Baseball 1948. Una rincorsa senza fiato verso la vittoria finale lunga ben 13 larghissime vittorie consecutive in regular season, 2 semifinali stravinte contro Estra Siena e una serie finale “sporcata” soltanto agli extra-inning (tempi supplementari per chi di baseball non se ne intende molto) di gara 1 dove gli amaranto hanno alzato bandiera bianca per 7 a 6 contro i Brewers Roma dopo una rimonta spaziale iniziata dal 6 a 1 per i romani. Poi la trasferta nella capitale per finire gara 2 (interrotta per oscurità a Livorno) e gara 3 dove i Mori si sono ripresi finalmente quello che era loro: la serie B. Due partite impeccabili condotte da Piacentini e compagni (finite 8 a 1 e 10 a 2 per gli amaranto) che hanno messo ko i laziali sancendo di fatto il ritorno nella serie cadetta dopo 3 anni di assenza dei Mori, fondati nel 1948 dallo storico presidente Alfredo Sisi, che oggi, ne siamo sicuri, è lassù che festeggia questa promozione con il Tacche Messerini e con Franco Grappolini.
Una serie C vinta a mani basse, dimostrando la grande compattezza di squadra, completa in tutti i reparti e formata da quel giusto mix di esperienza e gioventù spregiudicata.
C’è chi come il veterano pitcher partente, classe ’85, Max “The Rocket” Geri, che in passato ha calcato i monti di lancio della massima serie, si è risporcato la casacca buttandosi a capofitto in questo girone infernale della serie C per riportare dove spettava la sua squadra e arrivando a quota 770 strike out messi a segno in carriera. C’è chi come Oscar Zin, che di anni ne ha 34, esule dalla sua Vicenza per lavoro si è calato la divisa dei Mori come seconda pelle e ha dato una mano fondamentale a questo team soprattutto nel box di battuta quando c’è stato da portare “a casa” un compagno. E poi c’è lui, il capitano, Matteo “Penne” Piacentini, classe ’86 che gira ancora la mazza come un ragazzino e ha chiuso la stagione con una media battuta da urlo pari a 500.
Tutto questo sarebbe niente se non fosse coadiuvato dai più giovani.

Primo tra tutti il 16enne Piero Soldaini che, a detta di molti, si è rivelato l’acquisto dell’anno per voglia, passione e capacità espresse in campo. Fondamentale, ad esempio, il suo apporto sul monte di lancio nella post-season.
Ma i nomi da fare sono tantissimi, primi fra tutti i giovanissimi Stefano Ardagna e Dario Lomi, due classe 2009 (2009!) che hanno mostrato grinta e denti agli avversari ogni maledetta domenica. E per non parlare del figlio, nonché nipote d’arte, Leonardo Cavallini. Un cognome importante il suo per il batti e corri labronico considerando che il nonno ha costruito, fuoricampo su fuoricampo, la storia di questo sport e il padre è diventato uno dei giocatori più rappresentativi di Livorno negli ultimi anni. Leonardo sembra invece che questo cognome non gli pesi e ha messo sul diamante la stessa “cazzimma” dei parenti illustri mettendo su gli schinieri da catcher quando c’è stato da sostituire il ricevitore titolare fuori per un brutto infortunio subito sul campo da gioco (brutto per non dire scorretto, ma questa è un’altra storia).
Già, parliamo del ricevitore titolare: Filippo Vietina. Un 19enne con la concezione e la mente quadrata di un veterano. Uno che si è carica sulle spalle i propri lanciatori e li ha guidato con una freddezza tattica da older. Uno che con il naso fratturato, dopo due settimane si è ributtato sulla terra rossa perché non c’è niente che tenga: c’è da giocarsi la serie B. E poi il miglior terza base amaranto, un “giovane” classe 1981, Shirab “Takashi” Spignese, che all’occorrenza sale sul monte e lancia anche due palline per finire le partite. E che dire di Nadir Barni che chiude con freddezza le gare sul mound e del giovane Wild Thing amaranto Dario Saragaglia? E di quelli che ormai sono cresciuti a pane e baseball fin da quando erano piccoli e ora sono nella piena maturità sportiva come Matteo Saccà e Flavio Repetti, quest’ultimo compagno di squadra proprio del fratello Alessandro che all’esterno ha fatto vedere davvero delle buone cose. E come non menzionare l’apporto fondamentale di Dominic Fiscelli Lefebvre, Francesco Fioravanti, Cosimo Rinaldi e del ritorno in campo di uno come Stefano Trocar che ha compiuto giocate da pelle d’oca laggiù nel verde.
Uno per uno, un mattoncino su di un mattoncino, ecco che è stata ricostruita la serie B. Una vera e propria squadra completa in ogni reparto che ha dimostrato di essere team dentro e fuori dal campo.
A guidare questo fantastico gruppo il manager Marco Rosellini, storica conoscenza del baseball amaranto, capace di dare l’amalgama giusta e l’impasto da vincenti a questa squadra. Con lui, in panchina, altre due vecchie conoscenze del batti e corri labronico di via Sommati che, in passato, hanno reso grande questa società: il coach Federico “Ghigo” Gentini e l’hitting coach Corrado “Pantera” Festelli. Per quanto riguarda i ricevitori è stato proprio Stefano Cavallini a dare una mano importante al reparto. A curare invece palle dritte, curve e slider ci ha pensato il pitching coach Alessandro Soldaini.
Ma oltre il campo c’è sempre qualcuno che coordina e muove i fili. E non va mai dimenticato o sottovalutato. In prima linea il presidente Luciano Vitiello, uno che il baseball qui a Livorno lo ha annaffiato dalle radici e lo ha visto crescere. Con lui, in cabina di regia, un gradito ritorno: Lorenzo Martini, manager della mitica squadra che calcò la serie A nel 1995 e adesso con il vestito da general manager.
“Mi sento bene, mi sento più leggero – commenta con il sorriso sulle labbra, ancora ebbro di gioia, il manager Marco Rosellini – Dopo due finali perse quest’anno sarebbe stato devastante non riuscire nell’impresa. Invece abbiamo rotto la maledizione e ci siamo guadagnati questo salto di categoria tanto voluto da tutti anche se la promozione non era il primo obiettivo della società. Ma con il passare delle domeniche la consapevolezza si è fatta largo. Avevo infatti la fortuna di avere del materiale tecnico importante. Sapevo di avere una squadra forte. Ma il lavoro più grande è stato fatto dal punto di vista umano e di crescita personale. E quello che mi fa più piacere è vedere che questo team ha un ampio margine di crescita. E ciò fa sperare bene per il futuro. Adesso dobbiamo pensare alla programmazione. Una serie B non va improvvisata, ci siamo arrivati per rimanere e per costruire lentamente ma con convinzione un futuro importante per questa società che in passato ha saputo calcare anche il massimo palcoscenico nazionale di questo sport”.
“È stata una bella annata, senza dubbio e sotto tutti i punti di vista – commenta il capitano “Penne” Piacentini – Eravamo una delle squadre più forti, senza dubbio, ma la post season è sempre ricca di incognite e non è mai scontato vincere un campionato. Il prossimo anno ci sarà da giocare due partite a domenica e dobbiamo prepararci bene per non fare la figura della comparsa in serie B. Vogliamo rimanerci e dire la nostra”.
Adesso c’è da metabolizzare l’impresa, svegliarsi dal sogno ancora più carichi di prima e costruire. Perché, come diceva la famosa frase del film cult per tutti gli amanti del baseball “L’Uomo dei Sogni”, se lo costruisci… lui tornerà. Piano sequenza, campo stretto che si allarga, diamante illuminato dai fari e auto, a grappoli, che arrivano al campo. Musica che cresce, titoli di coda… the end (?)…

Qua sotto il video dell’out finale che sancisce la promozione dei Mori in serie B

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