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Buglio, rigore spalle alla porta, cento km “in su e in giù” e voce al vento. E’ il mister che serviva

Domenica 24 Ottobre 2021 — 17:00

Le mani che continuano a gesticolare un ipotetico uno-contro-uno. Di nuovo le braccia larghe a dire "state sereni" e di nuovo l'indice verso la sfera, come a rincorrerla. Buglio è decisamente il tredicesimo in campo, solo perché la Curva Nord è il dodicesimo

In quel rettangolo tratteggiato consuma tutta la sua passione, il suo sentimento verso quella divinità laica che è il pallone. E lo fa camminando. Come ad un pellegrinaggio. Solo che la sua Compostela non arriva mai se non al novantesimo (più recupero)

di Giacomo Niccolini

Si volta. Si gira spalle alla porta mentre gli anni di esperienza di Vantaggiato accompagnano sicuri i piedi del numero dieci amaranto a quel dischetto di rigore quando il cronometro si è svegliato da poco e sbadiglia il terzo minuto di gioco. Francesco Buglio, in rigorosa tuta d’ordinanza targata Us Livorno Calcio, non vuole guardare. Una mano a sorreggere il mento e in rigorosa preghiera laica si rivolge alla tribuna che da oggi prende il nome del recordman di presenza amaranto Mauro Lessi.
Vantaggiato gigioneggia con gli undici metri e batte un rigore alla Jorginho. Lento e preciso che toglie le coperte di dosso all’Armando Picchi. Sveglia stadio, siamo in vantaggio!
Buglio sente e vede esplodere i 3848 presenti ed esulta scuotendo le braccia in stile Tardelli, ma sul posto. Il suo Livorno è in vantaggio. Ma non cambia niente per il mister dai mille chilometri percorsi. In quel rettangolo tratteggiato consuma tutta la sua passione, il suo sentimento verso quella divinità laica che è il pallone. E lo fa camminando. Come ad un pellegrinaggio. Solo che la sua Compostela non arriva mai se non al novantesimo (più recupero). Si mette a sedere. Si rialza. Smanacca. “Nunzi apriti!”. Poi di nuovo a sedere. Mano alla bocca per farsi sentire. Per amplificare il suo credo.
Buglio segue l’azione e indica come un agente della municipale chiamato a dirigere il traffico. Cammina a testa alta quando segue l’azione. Poi torna indietro parlando a tu per tu con l’erba del Picchi.
Il Cenaia accorcia. Si siede. Riflette. Poi la poltrona brucia sotto di  lui. E si rialza. Mette le mani in tasca. Si avvicina al vertice del rettangolo-gabbia consentito ai mister. Poi parlotta con la panchina. In tutto questo c’è la voce. La voce che dona al grecale che sferza contro la tribuna. E così urla più forte per andare più forte del vento. E’ uno dei pochi, che abbiamo visto passare al Picchi, che facciamo fatica a sentire parlare in sala stampa a fine match per la sua voca “fioca”. Poi le mani che continuano a gesticolare un ipotetico uno-contro-uno. Di nuovo le braccia larghe a dire “state sereni” e di nuovo l’indice verso la sfera, come a rincorrerla. Alla fine è il “cerchio magico” a centrocampo dove il mister è l’epicentro. Buglio è decisamente il tredicesimo in campo, solo perché la Curva Nord è il dodicesimo.

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