Grappling, un livornese a caccia del primato mondiale
Domenica 25 agosto il lottatore livornese, Alessio Di Liberti, si batterà per diventare il numero uno al mondo. "Questo sport è come una partita a scacchi"
E’ partita il 23 agosto l’avventura di Alessio Di Liberti, grappler livornese classe ’79, che il 25 agosto, a Las Vegas, si batterà per diventare primatista mondiale di grappling.
Il grappling è uno stile di lotta che ricorda il judo (fatta eccezione che si combatte senza kimono), la greco-romana e le Mixed Martial Arts con la differenza che è vietato l’uso dei colpi. “E’ come una partita a scacchi – ha raccontato Alessio, contattato in esclusiva, prima di partire, da QuiLivorno.it – non si tratta solo di prese o proiezioni, c’è tanto studio dell’avversario e, soprattutto, tanta tecnica”.
Le prime leve, Di Liberti le ha fatte nel 1992 ai tempi del VHS, per capirci, quando questo tipo di sport trasmesso Oltreoceano stava vertiginosamente prendendo piede. E se è proprio l’America il continente dove tenterà di raggiungere il primo posto del ranking mondiale, il grappler livornese ha avuto la fortuna di viaggiare (e vincere) in tutto il mondo: da Lisbona a Boston passando per Parigi, Abu Dhabi e Amsterdam. E in Italia? “Sì, ci sono alcune gare importanti – ha continuato Di Liberti – Il problema è che dovrebbe esserci un regolamento unico con lottatori esperti che fanno gare e stage di allenamento preparatori per i più giovani. Potrebbe funzionare”. Domenica 25 mattina (alle 9 di Las Vegas) disputerà quindi gli Assoluti (categoria senza limiti di peso) e il pomeriggio disputerà le gare di categoria. In attesa del risultato, che sarebbe un traguardo storico sia per il livornese che per la città di Livorno, Quilivorno.it ha voluto dedicare a Di Liberti anche un’intervista per approfondire la disciplina sportiva e tutto ciò che ruota intorno ad essa. Ecco cosa ci ha raccontato…
Ciao Alessio, quanto è importante la gara di Las Vegas?
“Abbastanza importante (ride, ndr), se arriverò primo diventerò primo nel ranking dei migliori grappler del 2019″.
Spiegati meglio…
“È un ranking reale con un sito aggiornato (http://grapplingindustries.com/rankings/) e punti già stabiliti. Tutto organizzato dalla Grappling Industries, la più importante federazione americana. Il conteggio è molto semplice: ogniqualvolta qualcuno sale sul podio guadagna dei punti, 90 il primo, 60 il secondo ed infine 30 il terzo. Non solo, se vinci per finalizzazione e non ai punti ne prendi 120″.
Visto che sei a venticinque punti dal primo classificato una vittoria ti proietterebbe nell’Olimpo, una bella soddisfazione…
“Esatto, soprattutto personale, a coronamento di un percorso iniziato più di 25 anni fa interrotto e poi ripreso. Come un amore che va via ma alla fine torna sempre da te. La lotta è uno stile di vita: alzarmi la mattina presto per allenarmi, la mia vita l’ho impostata così. Sono fortunato perché riesco a far combaciare allenamenti e lavoro. Quando stringo la mano all’arbitro il cervello si carica di adrenalina. E’ una sensazione che qualcuno dovrebbe provare, ti alleni duramente, una vita da atleta in tutto e per tutto e quando arrivi ad una gara, l’ultima cosa che vuoi fare è perdere”.
Parlami della tua carriera di grappler, cosa intendevi per “interrotto e poi ripreso”?
“Iniziai quando nel 1992 vidi una delle prime videocassette di Ufc, il circuito più importante di MMA. C’era un atleta, Royce Gracie, che pur avendo un fisico normale tipo il mio finalizzava delle bestie di 120 kg. Da lì iniziai. Ovviamente i primi tempi non erano rose e fiori, questo è uno sport dove ti devi allenare. Chi è più allenato vince, perché sono tecniche dove il cervello deve prendere una sorta di automatismo. Purtroppo poi per alcuni problemi circa due anni fa ho dovuto smettere. La passione era troppo forte ed anche se rientrare dopo tanto tempo senza allenamento poteva essere rischioso, mi ci sono messo di buzzo bono, come si dice a Livorno, e sono ripartito, fortunatamente conseguendo anche risultati importanti”.
Quanto ti alleni?
“Come già detto questo è uno sport dove tutti i giorni devi essere in palestra. Mi alleno tre volte al giorno: la mattina presto alternando il lavoro cardio alla lotta, l’ora di pranzo la dedico solo ed esclusivamente al cardio, mentre la sera solo lotta”.
Ti senti pronto per la sfida?
“Se devo essere sincero, sì, sono pronto e preparato. Mi sono allenato duramente per questo obiettivo e sono convinto di far bene. Questo è uno sport reale, dove ci si fa male, non è dimostrativo. Se uno cede è perché sente male. Può essere usato come difesa personale. E’ bello perché la forza è relativa. E’ prevalentemente uno sport tecnico, tra le due la tecnica supera la forza perché quest’ultima prima o poi finisce. Diciamo che quando vedi che il mingherlino stende quello di 90 kg prendi fiducia”.
La “battaglia” per il primato sarà negli Stati Uniti, come è vissuto questo sport?
“In America c’è il culto per questi sport. Sono alla quarta posizione per conoscenza, le arti marziali miste sono sotto al basket, baseball e football. Organizzano tornei dove mettono in palio soldi veri con bonus (attribuiti alla miglior finalizzazione, al miglior atleta etc.., ndr) che superano anche le decine di migliaia di euro. Così non dico che diventi miliardario, però, ti ci paghi i vizi, qua invece…”.
Continua pure…
“In Italia non combatto quasi mai perché non c’è un regolamento adatto a me. La lotta è spettacolo, chi mi viene a vedere per la prima volta in Italia si annoia, in America è più dinamica, veloce, di intrattenimento. Non ci sono colpi proibiti, se un avversario cede è finita altrimenti si va avanti con il combattimento”.
Quale potrebbe essere la soluzione per far conoscere questi tipi di sport?
“Unire le forze o quantomeno creare un regolamento unico. Mi affiderei anche a combattenti esperti degli stage preparatori per le gare estere”.
Non resta altro che augurarti buona fortuna con la speranza che tu torni da numero uno!
“Grazie mille, speriamo”.
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