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Spettacoli. Esperanto e “Dust to Dust” al Grattacielo

Martedì 29 Novembre 2016 — 08:52

Un altro fine settimana di spettacoli al Centro Artistico Il Grattacielo. Venerdì 2 dicembre “Dust to dust” polvere alla polvere, prosa d’autore e domenica 4 dicembre concerto del gruppo livornese Esperanto Folk Band.

ESPERANTO FOLK BAND in concerto al Centro Artistico Il Grattacielo domenica 4 dicembre alle ore 17,30. Gli Esperanto sono una band livornese contemporanea dalle note di musica antica, nata nel 2014 e reduce da una estate di successi.  Il gruppo musicale originario è composto da tre elementi: Moreno Vivaldi, batteria e percussioni; Lorenzo Del Ghianda, fisarmonica; Francesco Spera, chitarra, basso e voce.

Il Centro Artistico avrà l’onore di battezzare la nuova formazione degli Esperanto, arricchita da due nuovi musicisti: Francesco Coppedè e Simone Prezioso e da un brano inedito, dove musica gipsy e folk si intrecciano.  Con gli Esperanto faremo un vero e proprio viaggio tra le note intorno al mondo, lasciandoci trascinare dalla musica popolare e folk di numerosi Paesi.

In un’unica serata si potranno ascoltare e danzare, come accade sempre ai concerti degli Esperanto, ritmi e melodie francesi, inglesi, messicane, balcaniche, gitane,jamaicane e cubane,  tarantelle e pizziche.

“Polvere alla polvere” una pièce di drammaturgia contemporanea comica e toccante, in  cui si aprono, improvvise zone di malinconia e di tenerezza raccontate senza sentimentalismi. Una costruzione drammatica blindata, una sorta di poema per tre voci, dialoghi e monologhi incrociati, frasi lasciate in sospeso, in cui i tre eseguono una partitura verbale ed emotiva dal ritmo strepitoso. Ognuno emerge con il suo assolo per rientrare nell’ensemble in cui riescono a “dialogare” con effetti anche comici. Gli accadimenti di ogni singolo personaggio della pièce, si sviluppano in varie forme che si connettono tra loro simultaneamente, elaborando una molteplicità di significati e che permettono di rendere comprensibile, comunicabile e ricordabile il vissuto. La moderna drammaturgia, soprattutto il filone anglo-irlandese, con questo nuovo “straniamento” dona alle emozioni un mezzo potente, suggestivo e più efficace d’espressione. Si “mette ordine”, si dà un senso attivo agli avvenimenti. Il “vissuto umano” dei personaggi diviene esprimibile, semplice e può essere, appunto ricordato. Quello che sorprende di questi nuovi “storytellers”, di cui Robert Farquhar fa parte a buon diritto, è la continuità e poliedricità della loro scrittura drammaturgica: brevità fulminea delle battute, orecchio sensibilissimo per il ritmo della “lingua parlata” e sintonia immediata che riescono a stabilire con un pubblico giovanile. Raccontano storie che ti stupiscono, ti incantano, ti fanno ridere. Poi chiudono la porta e se ne vanno.

“La storia” che presentiamo è costruita, dall’autore, come una straordinaria e vertiginosa “jam session” verbale orchestrata su dialoghi-monologhi, comici e poetici che s’intrecciano tra loro.

La vicenda, si sviluppa intorno al vissuto di tre, non più giovani amici,  della  Liverpool  dei Beatles: …”erano gli anni settanta”… Un’esistenza precaria, la loro, divenuta una “normale” condizione di vita. Tutto ha inizio con la morte di Mick Finnegan (richiamo dell’autore al Finnegans Wake di James Joyce). La notizia arriva improvvisa alla sua ex Moglie, Holly e ai suoi due amici Henry e Kevin. Mick bevitore compulsivo e velleitario musicista rock, è caduto dalle scale probabilmente ubriaco, ha battuto la testa ed è morto. Solo la sera prima era a sbronzarsi con gli amici al pub. I tre si ritrovano nel solito locale, il Bull’s Head. La scena del pub è realizzata da Farquhar con una tecnica incalzante da film d’azione. Gli amici stanno rendendo omaggio al morto con abbondanti bevute, ma arriva Holly per organizzare il funerale, ed è già molto sbronza di suo, perché ha scoperto che il dolore per quel bastardo del suo ex marito è insopportabile. Sotto gli occhi di Kev ingaggia una lite furibonda con Henry: una scazzottata emotiva, come la definisce il drammaturgo inglese. Lei accusa Henry di aver rovinato Mick ed essere responsabile della sua morte. Farquhar affida a Kev un personaggio bellissimo, giocato in minore. È uno quasi trasparente, non ha “carisma” dice Henry che fa il duro, ma invece è un nevrotico fragile come un bambino. Kev è l’amico di sempre, ha la mamma con l’alzheimer, forse non si sbronza come gli altri; anche se nessuno sembra ricordarsi che esista. Lui è lo spettatore/regista, il testimone, l’angelo custode. Il finale della commedia inizia dopo il funerale alquanto sgangherato e comico. Ed è un altro regalo di Kev che carica sulla sua vecchia Austin Holly ed Henry e con le ceneri di Mick punta verso la Scozia: il sogno di Mick, andare a vivere in quell’estremo lembo di terra prima dell’oceano atlantico. Parole, sentimenti, congedi s’intrecciano tra loro sotto un cielo che alterna sole e nuvole e ora  staglia ora cancella le loro ombre.

 

Guglielmo Guidi

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