La testimonianza d’amore di san Massimiliano Kolbe morto ad Auschwitz

servizio di Monica Cuzzocrea, giornalista de “La Settimana Livorno”

Nella prossimità della 28° Giornata per l’approfondimento e sviluppo del dialogo tra cristiani ed ebrei, i Cooperatori Paolini, l’Ordine Equestre dei Cavalieri del Santo Sepolcro e l’associazione Cassiodoro, hanno invitato padre Silvestro Bejan Delegato generale per l’Ecumenismo e Dialogo Interreligioso dell’Ordine Francescano (CEFID) di Assisi per riflettere sulla testimonianza di fede e di amore cristiano del frate francescano conventuale Massimiliano Kolbe, nato a Zdunska Wolain Polonia nel 1894 e morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941. Una vita breve ma intensa con una attività apostolica dedicata in gran parte alla stampa con numerose pubblicazioni e il suo impegno contro il nazismo lo portò ad essere arrestato e rinchiuso ad Auschwitz il 17 febbraio del 1941 dove si offrì spontaneamente di morire al posto di un padre di famiglia a lui sconosciuto, condannato a morte insieme ad altri nove detenuti, quale rappresaglia per la fuga di un prigioniero. Rinchiuso in un bunker per morirvi di fame, fu finito da una iniezione di veleno il 14 agosto; Giovanni Paolo II lo ha canonizzato nel 1982 definendolo martire della carità cristiana.

Come poter comprendere questo suo sacrificio, soprattutto oggi dove la felicità, l’edonismo predicati dal modernismo e dal liberalismo hanno portato fino al nichilismo di qualsiasi valore? Massimiliano ci dice che il desiderio della felicità è inseparabile dall’esistenza umana e dalla ricerca di Dio: Dio diviene l’orizzonte di senso di qualsiasi agire e pensare e se Dio entra a far parte della vita ecco che per Kolbev  “ l’amore di Dio e l’amore per il prossimo, sono due porte che si aprono e si chiudono insieme, per cui non si muore più ciascuno per sé, ma gli uni per gli altri o gli uni al posto degli altri. Di conseguenza nella vita non vi è che un modo per essere felici: vivere per gli altri ”.