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Il Parco Inclusivo voluto dai Camminatori Folli diventa una tesi di laurea

Martedì 3 Marzo 2020 — 17:41

La giovane studentessa di Volterra, Martina Bertini, ha voluto fortemente inserire l'esperienza del parco inclusivo livornese all'interno della sua tesi di laurea in Scienze dell'Infanzia all'università di Firenze

Nel 2015, quando a Livorno non si parlava ancora di giochi inclusivi, il famoso gruppo dei Camminatori Folli decise di impostare una massiccia raccolta fondi per aprire il primo Parco Inclusivo di Livorno. Una raccolta fondi durata circa 6 mesi che riuscì a raggiungere la cifra di 40.000 euro necessari per la realizzazione di un Parco di 180 metri quadri situato nell’area del Parco Ex Pertini “Parterre”.
Il gruppo di amici che gira il mondo a piedi senza nessuna preparazione fisica (tra le loro imprese ricordiamo l’avventura a 4000 metri in Nepal, e i viaggi in Amazzonia e Lapponia) erano riusciti nell’impresa più difficile: aprire il terzo parco inclusivo più grande d’Italia ed il primo completamente realizzato grazie al contributo dei cittadini. Un contagio così positivo che l’avventura della raccolta fondi arrivò fino alle reti nazionali grazie ai servizi su Rai 2 o alla partecipazione alle Falde del Kilimangiaro su Rai 3.
E proprio questa bellissima avventura è arrivata all’orecchio di Martina Bertini, giovane studentessa di Volterra, che ha voluto fortemente inserire l’esperienza del parco inclusivo livornese all’interno della sua tesi di laurea in Scienze dell’Infanzia, alla Scuola di Studi Umanistici e della Formazione dell’Università di Firenze. La tesi, dal titolo “Il viaggio della disabilità nell’inclusione sociale: il parco inclusivo”, percorre un lungo viaggio all’interno del concetto di disabilità, dalla sua accezione nelle civiltà antiche, al progetto di sterminio T4 del nazismo nel secolo scorso, alle recenti convenzioni e leggi internazionali e le relative norme attuative del concetto di “inclusione sociale”.

 

Un percorso che ricorda quanta strada è stata fatta e quanta ancora è da fare per superare definitivamente l’inaccettabile atteggiamento di esclusione di chi è portatore di disabilità; un percorso che, ancora meglio, ricorda a tutti che non basta un buonista tentativo di trovare un posto “speciale” nella società per chi è disabile: parlare del concetto di inclusività e fare cultura su di esso, infatti, è molto più che stimolare un compassionevole sentimento verso persone ritenute più sfortunate. Serve un cambio di prospettiva – che strumenti come la tesi di Martina stimolano – perché si verifichi quella rivoluzione culturale che renda il concetto di inclusione non più un accessorio di società particolarmente sensibili e valorialmente pie, ma una predisposizione dell’animo di tutte le persone, con un conseguente necessario cambio di impostazione delle scelte amministrative e politiche di comuni, regioni e legiferatori vari.
“Ci piace ricordare che il progetto del Parco Inclusivo sia cresciuto con questa logica, che come Camminatori Folli abbiamo avuto la stravagante idea che un parco-per-tutti nascesse dal contributo di tutti – spiega il gruppo podistico di amici livornesi – perché il “di tutti” restasse come insegnamento ben oltre ai meriti dei promotori. Un Parco, il primo in Italia totalmente autofinanziato dai cittadini, dove ogni centesimo della raccolta è stato investito nella struttura che troviamo al Parterre, che è andato oltre ad interessi di parte, a logiche politiche o associative, a tornaconti personali o di gruppo ed a strumentalizzazioni che fanno parte quotidianamente dei più meritori progetti”.

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