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All’interno del centro profughi di Venezia. Il tour

Mercoledì 7 Dicembre 2016 — 00:15

di Roberto Olivato

Quotidianamente siamo farciti da notizie che ci raccontano situazioni di criticità causate dai profughi, in varie parti dello Stivale ed in alcuni casi questi fatti corrispondono purtroppo al vero.  Raramente si sente parlare di contesti in cui tutto funzioni o addirittura dove gli ospiti delle strutture a loro assegnate, non solo non si lamentino ma addirittura si dichiarino felici di esserci. Una favola? Un miraggio? Pura utopia? Niente di tutto ciò e quello di cui parleremo ci riguarda molto da vicino, avendo trovato questa oasi nientemeno che a Livorno.
Dopo il fallimento della cooperativa che aveva in gestione i profughi alloggiati presso l‘ex collegio dei Trinitari confinante con la chiesa di S.Ferdinando, dal mese di aprile ad occuparsi  degli immigrati è l’Impresa Sociale Opera Trinitaria Srl, appartenente all’Ordine dei padri Trinitari. A parlarcene è Teodoro Laconca responsabile della struttura.
Quando siete subentrati alla vecchia gestione?
“E’ stato nel settembre di quest’anno.  Una realtà che inizialmente si è presentata subito complessa per lo stato di abbandono in cui si trovava “.
Ci spieghi meglio…
“I ragazzi erano lasciati a se stessi e da mesi la cooperativa non dava  la quota loro spettante per le piccole spese personali, 2 euro e 50 al giorno. I servizi igienici erano nel più assoluto stato di degrado, così come le camere. Il malcontento pertanto era palpabile nei loro comportamenti, che in alcune occasioni é sfociato in manifestazioni di protesta davanti alla prefettura, al comune ed una volta anche qui vicino alla chiesa”.
A descrivere meglio l’aria che si respirava con la precedente gestione è la psicologa Martina Turini, presente in  segreteria e punto di riferimento per gli ospiti della struttura.
“Sono presente dal 2014, quando venne aperto questo centro e rispetto ad allora oggi qui è un paradiso -spiega Martina-  I ragazzi erano allo sbando e a parte i pasti che venivano loro somministrati, per il resto della giornata nessuno si curava di loro e di questo si venivano a lamentare da me, che  riferivo ai responsabili ma non potevo fare nulla di più”.
D’accordo con  Martina Turini  il senegalese Sambè  che all’interno della struttura, da due anni è operatore mediatore.
“Rispetto a prima ora ci sentiamo far parte di una grande famiglia e questo grazie all’Opera Trinitaria che è riuscita a ridonarci la nostra dignità, non considerandoci più dei numeri ma esseri umani ed in soli tre mesi dandoci fiducia hanno riacceso la speranza in tutti noi”.
La presenza dell’albero di Natale, ma soprattutto quella della stella Cometa, in un luogo dove vivono in maggioranza mussulmani, ci incuriosisce.
Come state vivendo questo clima prenatalizio? E’ sempre Sambè a rispondere in un perfetto italiano: “In Senegal musulmani e cattolici convivono in piena armonia, non facciamo differenza di religione, perché ci sentiamo tutti facenti parte di un’unica nazione”.
Concorda con lui anche il connazionale  Ibrihima ex ospite, essendo stato  assunto come operaio, con regolare contratto, dall’opera sociale Trinitaria e che pertanto dovrà lasciare l’Istituto e trovarsi un alloggio: “Grazie a questa nuova gestione ognuno di noi è tornato ad avere fiducia nel proprio futuro. Gli operatori di questo centro sono sempre presenti e disponibili verso le nostre necessità, cosa che prima non è mai avvenuto. Per la prima volta dopo due anni, ci sentiamo far parte di un’unica famiglia, dove Martina unica donna della struttura rappresenta anche un riferimento nei momenti di sconforto”
Teodoro ci mostra anche i tanti lavori di ristrutturazione a cui partecipano volontariamente anche alcuni ospiti e questo a dimostrazione dell’armonia creatasi.  “Stiamo rifacendo tutte le docce e le stanze – racconta con orgoglio Teodoro – finalmente i ragazzi hanno anche imparato ad essere più ordinati non lasciando più in giro scarpe ed indumenti,  questo per un reciproco rispetto a cui non erano abituati”.
Si effettivamente il centro presente nell’ex collegio trinitario è senz’altro un’oasi rispetto ad altre realtà e questo grazie al modus operandi dell’Opera Trinitaria i cui introiti vengono principalmente impiegati nella ristrutturazione degli alloggi e nelle aule scolastiche dove i profughi che le frequentano, suddivisi su sei classi, sono seguiti da Mokhatari Babak un professore egiziano soddisfatto  “per la buona frequenza giornaliera alle lezioni  seguite con molto interesse da tutti gli alunni, a dimostrazione di quanto sia alto in loro il desiderio di apprendere, perché sono coscienti che solo studiando riusciranno ad integrarsi quanto prima. Alcuni di loro sono riusciti a trovare piccoli lavori di manovalanza al mercato ed uno addirittura come badante”.
Quello che abbiamo visto nel corso della nostra visita all’interno della struttura, ci ha fatto toccare con mano una realtà livornese in totale contrasto con lo stereotipo di centri in cui, lo stato di abbandono dei profughi imperversa creando astio e diffidenza da parte dei nostri connazionali. Un modello da prendere d’esempio e che da Livorno potrebbe essere copiato da altre città.

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