New Delhi, l’Asl: “No ad allarmismi. In città oltre 4500 accertamenti in 8 mesi”
All'ospedale di Livorno sono stati effettuati 4.572 accertamenti dal 1° gennaio al 31 agosto 2019
Visto che, comprensibilmente, cresce la preoccupazione dei cittadini sulla questione “New Delhi”, l’Azienda USL Toscana nord ovest vuole tranquillizzare la popolazione e fare chiarezza sulla situazione.
All’ospedale di Livorno, già dal gennaio scorso, sono state messe in atto disposizioni straordinarie per la ricerca attiva delle infezioni correlate all’assistenza. In seguito a queste azioni conoscitive si è ottenuto un quadro epidemiologico più chiaro per cui, a febbraio, sono state impartite ulteriori disposizioni atte a prevenire il fenomeno. Un dato che descrive l’attività di contrasto alle infezioni, svolta all’ospedale di Livorno nel 2019, in termini di screening al quale hanno fatto seguito le necessarie misure in caso di positività. Parliamo di 4.572 accertamenti dal 1° gennaio al 31 agosto 2019. Infatti, l’elevato numero di casi segnalati nell’Area Vasta Toscana nord ovest è motivato dal fatto che, dove vengono eseguiti test di screening così capillari, è possibile – come effettivamente è stato fatto – quantificare la reale incidenza del fenomeno ed al contempo circoscrivere il problema e curare le infezioni con farmaci che hanno dimostrato una reale efficacia.
Infatti, sono stati adottati protocolli comportamentali ancor più stringenti per gli operatori sanitari che hanno ridotto notevolmente la diffusione del patogeno. Inoltre, sono stati ulteriormente estesi i test di screening, è aumentata la collaborazione con i reparti di malattie infettive per la scelta degli antibiotici e sono state rafforzate le procedure di sanificazione degli ambienti. L’esperienza maturata in questi mesi in ASL Toscana nord ovest, sarà utile come base per la stesura di ulteriori e specifiche procedure anche in altre situazioni.
“E’ importante anche ricordare – sottolinea la direzione aziendale – che dai vari reparti e da tutto il personale sanitario abbiamo sempre trovato risposta e collaborazione insieme a proposte e contributi importanti per una sempre migliore ed efficace prevenzione delle infezioni correlate alla assistenza. Sempre nell’ottica del miglioramento continuo, nel corso di questi mesi, si sono svolti incontri necessari ad elaborare studi e procedure interne di prevenzione. Inoltre, la direzione ribadisce che all’interno dei 13 ospedali lavorano operatori che ogni giorno coscienziosamente sono impegnati nella cura dei pazienti e nella tutela della loro salute”.
Per quanto riguarda le infezioni è bene ricordare che la presenza di batteri resistenti a varie classi di antibiotici è stata segnalata già da alcuni anni e sono stati lanciati allarmi sia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che da altri organismi internazionali di controllo. Ciò dipende da un utilizzo eccessivo e improprio degli antibiotici che selezionano batteri via via più resitenti. Questo fenomeno è ovviamente più marcato in ambiente ospedaliero dove si registra la massima concentrazione di soggetti fragili ed il massimo utilizzo di antibiotici.
La Asl Toscana nord ovest, si è distinta per una precocità di attenzione e per una larga diffusione delle pratiche di identificazione dei pazienti portatori. Bisogna infatti distinguere tra varie condizioni cliniche: vi sono i soggetti portatori (ovvero soggetti che hanno il germe a livello intestinale al pari di molti altri batteri e che non hanno alcun sintomo), i soggetti che hanno una batteriemia (ovvero la presenza del germe nel sangue) e i soggetti che sviluppano una infezione da Klebsiella multiresistente che sono per fortuna una esigua minoranza. La eventuale positività non è quindi un fattore di rischio per il paziente ma per l’ambiente circostante. I pazienti positivi infatti vengono gestiti con un livello di attenzione più alto (monouso, lavaggio mani, isolamento da contatto, ecc) al fine di evitare che possano diffondere il patogeno. Normalmente con il rientro a casa e la progressiva variazione della flora intestinale, a distanza di qualche mese questi pazienti si negativizzano. Coloro che sono veramente a rischio sono i pazienti immucompromessi che hanno le difese immunitarie abbassate (HIV, chirurgia maggiore, chemioterapia, pazienti leucemici, trapiantati ecc).
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