Poste in sciopero. A rischio in 29
Cgil teme che a partire da gennaio 2017 gli uffici di Nugola, Isola D'Elba, Piombino e Quercianella chiudano. I dipendenti di Poste a rischio sono ventinove
di Giulia Bellaveglia
I dipendenti di Poste Italiane presenti sul territorio della città di Livorno sono circa settecento; ventinove di loro rischiano di veder terminare il proprio lavoro, che prosegue tuttora con contratti a tempo determinato, per una proposta del governo relativa alla privatizzazione. “Lo sciopero – spiega Giuseppe Luongo, segretario generale del Sindacato Lavoratori Comunicazione Cgil – ha l’obiettivo di far cambiare idea al governo sul tema della privatizzazione del Gruppo Poste e sull’apertura degli uffici a giorni alterni (metodologia criticata fortemente anche dall’Unione Europea). Questi sono soltanto i primi due problemi di una lunga lista di disagi che creano ogni giorno un grande scompiglio nei lavoratori. Proprio per questo motivo per l’intera giornata del 4 novembre (con un pullman in partenza dalla sede Cgil di Livorno) saremo a Firenze per una manifestazione sotto Poste Italiane Spa Filiale Firenze 1, sede dei dirigenti toscani e umbri, i quali ci affiancheranno nella protesta”.
I dipendenti del gruppo con contratti a tempo determinato perderanno il proprio posto di lavoro dopo ventiquattro mesi nonostante la norma preveda per il lavoratore una possibilità di rinnovo contrattuale fino a trentasei mesi, seppur con l’accordo del datore di lavoro.
“Chi paga le spese di tale situazione sono i cittadini, infatti anche nella nostra città si lamenta spesso una grave carenza di servizi di comunicazione postale”, ha proseguito Luongo.
A causa di queste problematiche, Cgil teme che a partire da gennaio 2017 gli uffici rischino di rimanere chiusi per mancanza di personale, in particolare quelli di Nugola, Isola D’Elba, Piombino e Quercianella, già aperto solo due giorni alla settimana anziché cinque.
“Una struttura controllata – chiude il segretario generale amareggiato – da soggetti privati, non più gestiti dallo stato rischia di prestare un servizio non sociale ma solo ed esclusivamente remunerativo imponendo agli utenti prezzi notevolmente più alti”.
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