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La direttrice Ricci: “Sui palchi musica, ironia e riflessione”

Domenica 31 Luglio 2022 — 00:05

"5 domande a..." Francesca Ricci: "Quest’anno il mio lavoro artistico si è mescolato con l’animazione di strada e le installazioni. Spostare l’attenzione dello spettatore all’arte visiva è una scelta coraggiosa e interessante"

di Giulia Bellaveglia

Dandoci del tu, ad ognuno dei tre direttori artistici di Effetto Venezia QuiLivorno.it dedica “5 domande a…”. Qui trovate le 5 risposte di Francesca Ricci, direttrice artistica dei palchi

Sui palchi ci sono tante proposte, anche molto differenti tra loro, con che criterio hai scelto i protagonisti?
La manifestazione è disseminata di eventi da palco, ma i palchi ufficiali sono due: Fortezza Nuova e piazza Del Luogo Pio. In piazza Dei Domenicani ho puntato sulle band di giovani, musica di vario tipo, dal pop al rock fino al musical. In Fortezza Nuova ci sono i concerti perché è un luogo che effettivamente si presta bene. Per quanto riguarda piazza Del Luogo Pio ho dovuto fare una scelta un po’ obbligata: avevo provato con una line up di comici ma era impossibile mantenere solo quello stile perché tutti erano in giro già impegnati, quindi ho dovuto mischiare le carte con un po’ di musica e un anniversario di Io Doppio che facesse star bene la gente con leggerezza. Anche quello di Michele Serra è un appuntamento particolare, un giornalista con un monologo comico-sentimentale e alla fine un teatro riflessivo e pungente ma dalle venature comiche, ironiche e sarcastiche come quello di Antonio Rezza. Ero partita per una leggerezza e un’ironia su tutti i fronti, poi ho dovuto, come accade spesso in questo mestiere, cambiare un po’ strada e cercare di portare a casa un buon lavoro.

Sei stata per due anni consecutivi l’unica direttrice artistica della manifestazione. Quest’anno invece accanto a te ci sono altre due persone. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?
Sono stati tre anni tutti molto diversi tra loro. Nel primo l’impegno è stato mettere in piedi un Effetto Venezia che nessuna pensava potesse esser fatto, con regole e protocolli nuovi. Una sorta di “imbuzzata” ma bellissima, con un grande senso di comunità soprattutto per il coinvolgimento di artisti locali. L’anno scorso invece, con il contributo della Fondazione Lem, è venuta un po’ meno la parte organizzativa e mi sono potuta dedicare di più a quella strettamente artistica. Quest’anno il lavoro dal punto di vista artistico è più ridotto ma mischiarsi con altri tipi di personalità è sempre molto bello, sia con Marco per quanto riguarda la parte dell’animazione di strada, sia per ciò che concerne le installazioni dell’Accademia. Spostare l’attenzione dello spettatore all’arte visiva è una scelta coraggiosa e interessante.

Hai degli hobby?
La lettura, leggo molto per lavoro, ma anche per piacere. Mi verrebbe da dire il lavoro e stare ogni tanto con mio figlio, che ormai è grande. Sono veramente appassionata di lavoro, il mio mestiere mi piace e ha tante sfaccettature, quindi quello che faccio spesso si mischia molto con il piacere di farlo, mi verrebbe da dire che il mio hobby è il mio lavoro.

Qual è il tuo primo ricordo di Effetto Venezia e il momento a cui sei più legata?
Non sono livornese, sono arrivata qua nel 2003 e vivevo Effetto Venezia da giovane, a bere qualcosa sulle spallette. Poi, nel 2007 ho cominciato a lavorarci soprattutto per quanto riguarda la parte organizzativa, ci sono stati degli stop anche lunghi ma comunque ci ho lavorato molto tempo e sotto vari aspetti. Spesso e volentieri ho vissuto la kermesse da dentro e mi ha sempre affascinato molto come tante persone si orientassero insieme per l’organizzazione di una festa. Il ricordo più bello risale al primo anno in cui sono stata direttrice. A fine giugno mi chiamò l’assessore alla cultura dicendomi “Devo parlarti di una cosa”, io stavo preparando degli esami, poi venivamo dal lockdown, pensavo a un piccolo progetto con qualche associazione, invece mi chiese se avevo voglia di fare la direttrice artistica di Effetto Venezia. Dopo tanti anni di lavoro in città ho pensato che mi sarebbe piaciuto, si trattava di mettere insieme le competenze acquisite in passato con la voglia di fare, e così ho accettato. È stata una grande soddisfazione.

Che ragazza è stata Francesca Ricci e da cosa nasce la passione per il tuo mestiere?
Nasco in Toscana alta, quasi non Toscana, in un paesino in mezzo ai monti. Ho girato tanto prima di arrivare qua, praticamente mezza Italia. Poi nel 2003, dopo tanto tempo senza un luogo stabile e considerato che mio fratello abitava già qua e che a Roma avevo conosciuto tanti livornesi e continuavo a ripetermi “Son proprio ganzi, quasi quasi vado a Livorno” sono finita qui. Da piccola ho fatto grande fatica, non posso dire di aver avuto un’adolescenza spensierata, tranquilla, sono più tranquilla ora (ride ndr), insomma è stata faticosa. La mia passione nasce da tanto studio e in parte anche dalla famiglia visto che mio fratello aveva un teatro. A Livorno ho notato che anche chi faceva un altro lavoro di fatto faceva l’artista e questo mi ha dato la spinta per partire con il mio sviluppo artistico progettuale.

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