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Storica libreria chiude i battenti

Sabato 1 Febbraio 2020 — 17:39

Il titolare, Duilio Lami, nipote di Gino Raugi, ricorda i suoi inizi e l'entusiasmo con cui ha sempre lavorato fino all'ultimo giorno di attività, il 31 gennaio 2020. "Ho iniziato qui più di 60 anni fa ma adesso sono sopraggiunti i limiti fisici"

di Giacomo Niccolini

Quale tra i livornesi che stanno leggendo questo articolo non ha mai messo piede una volta nella sua vita, per lo meno, da Raugi in piazza della Vittoria o, come dicon tutti qui all’interno del Pentagono, piazza Magenta? Chi tra i livornesi che stanno scorrendo queste righe, increduli, non ha per una volta sfogliato, comprato o rivenduto un libro da Raugi?
Dopo anni di onorata attività la storica libreria a due passi dalla chiesa del Soccorso, chiude i battenti. O per meglio dire, ha già chiuso i battenti. Senza tanta pubblicità, quasi senza dirlo a nessuno, come quando si spegne la luce dopo l’ultima pagina dell’ultimo capitolo e ci giriamo dall’altra parte chiudendo gli occhi vinti dalla stanchezza.
Ufficialmente l’ultima luce spenta al pubblico è stata di fatto venerdì 31 gennaio 2020. Ad accendere i riflettori su questa saracinesca abbassata è stata proprio Lucrezia Lami, nipote del titolare, Duilio Lami, che con un post su Facebook ha detto a tutta la città della scelta del nonno di dire addio alla sua amata attività. “C’è chi diceva che leggendo non si vive solo una vita ma si ha la possibilità di viverne infinite ed ognuno leggendo una storia può interpretarla a suo piacimento – ha scritto Lucrezia sul suo profilo Facebook – Sappiate però, che la storia di mio nonno, non è quella di un uomo che agognava la pensione bensì di un amante del proprio lavoro che con fatica ha chiuso un lungo capitolo della sua vita”.
Così, passo dopo passo, come ci hanno insegnato i nostri maestri del giornalismo, con poca fiducia di trovare qualcuno all’interno, ma con tanta speranza di essere smentiti, siamo andati a vedere di persona, a verificare la triste notizia. Abbiamo attraversato una fangosa piazza Magenta (perdonateci oh voi puristi della toponomastica, ma noi siamo livornesi e piazza della Vittoria non ci riuscirà mai dirlo, scusateci ancora), dove i sassolini si sono annidati sotto al nostro carrarmato invernale sporcato di vita e di strada, e abbiamo bussato ad una porta a vetri seminascosta da una timida saracinesca ammezzata. Nella penombra, staccando gli occhi dalla “sua” Settimana Enigmistica eccolo là, il signor Duilio Lami che scostando gli occhiali ci è venuto ad aprire. “Ci dispiace davvero… davvero tanto”. Sono state le prime parole che abbiamo provato a pronunciare. “A chi lo dice, a chi lo dice. Farei di tutto per non chiudere. Ma 77 anni sono tanti. Ormai i limiti fisici sono evidenti. Ma spero ancora che ci sia qualcuno che, come voi, bussi inaspettatamente e che voglia provare a non spegnere queste luci. Io non riesco più da solo. Sono più di 60 anni che sono qua dentro – spiega Lami – Offro il mio aiuto anche gratis a chi voglia provare a portare avanti l’attività”.
Poi parte il treno dei ricordi e il signor Duilio ci salta su, con il cappotto e una valigia carica di emozioni. “Avevo circa quindici anni quando seguii mio zio Gino Raugi, quello che per tutti era Rubbapòo, in questa avventura. Perché quel soprannome? A Livorno lo conoscevano tutti così e anche il negozio era la libreria di Rubbapòo. Il tutto nasce da quando negli anni ’30 aveva una bancarella di libri in via Ernesto Rossi, vicino alle scuole e urlava a chi passava: venite, venite, qui roba a pòo… roba a pòo! Quel roba a pòo si è contratto presto in rubbapòo”.
Dagli scaffali carichi di libri penzola la tristezza tipica dell’ultimo giorno di scuola. “Aspetti che Le accendo la luce”, ci dice alzandosi come appoggiandosi a un fantomatico bastone immaginario, “così fa meglio le foto, ma non le faccia a me, le faccia alla libreria. Come dice? Le serve una foto anche con me? Ovvia (sorride, ndr), la faccia pure allora”.
La disponibilità la stessa. La dedizione pure. La stessa di chi ogni lunedì, ci spiega, “da quando ho preso la patente nel ’62”, prende il camioncino, va a Firenze e fa incetta di libri per portarli in negozio. “Ho basato tutta la mia attività sui libri di testo. E da maggio a settembre, tranne che dalla metà di luglio a quella di agosto, è sempre stata una bella rincorsa. Ho sempre giocato tutto sulla tempestività. Ci tenevo, e tutto ciò ha ripagato. Perché bisogna saperci fare, ma serve tanta fortuna per avere successo e io posso dire di aver avuto un buon mix delle due componenti”.
Duilio Lami continua a raccontare. “Di librai livornesi ricordo con piacere Paolo Belforte dell’omonima libreria, la più bella d’Italia ai tempi, e Massimo Spadoni della libreria  Fiorenza in via della Madonna. Erano miei concorrenti ma anche amici leali con i quali mi sono sempre confrontato con sincerità e mai con acredine. C’era spazio per tutti e la concorrenza era una bellissima concorrenza, leale e stimolante”.
“Perché non cedere il testimone ai figli? Ho sempre detto loro che dovevano scegliere la loro strada. E così hanno fatto. Senza rimorsi o rimpianti. Hanno fatto un’altra strada. Semplicemente”. E i libri che sono qua dentro che fine faranno? “A dire il vero – scuote un po’ la testa tra spalla e spalla- non ci ho ancora pensato”.
Alla fine ci verrebbe da abbracciarlo. Anzi, lo facciamo. Lo ringraziamo per quello che ha fatto e per il tempo che ci ha dedicato nella penombra dei suoi libri. Un po’ di commozione, capirete, è d’obbligo. Ma alla fine l’ultima domanda. “Perché, ci scusi signor Duilio, l’abbiamo trovata lo stesso qua dentro, sabato 1° febbraio, nonostante che abbia deciso di dire basta venerdì 31 gennaio”?
“Questa è un po’ casa mia. Come Le dicevo, sono qui da oltre 60 anni, mattina e pomeriggio. Sono abituato a venire sempre qui. Non sarà facile per me smettere di farlo. Mi capirete”.
Chiudiamo la porta dietro di noi. Dietro il signor Duilio legato ai suoi libri superstiti. Davanti sempre la solita fangosa piazza Magenta che si immerge in un grigio d’autunno. La chiesa, le panchine. Tutto uguale. Come la stesa città che fa fatica a cambiare e che si adagia sul suo volto schietto e sincero, difficile da truccare. Ed ecco un altro super eroe del commercio cittadino che esce di scena, lasciando il mantello su quella panchina. Su quell’ultima panchina di piazza della Vitt… di piazza Magenta.

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