Pace per il popolo saharawi, l’appello parte da Livorno e abbraccia il mondo
Chi volesse può aggiungersi all'appello lanciato dai due giovani. Chi fosse interessato può visitare le pagine Facebook e Instagram Freedom ForSahara
L'iniziativa #FreedomforSahara nasce grazie al coraggio e alla forza d'animo di Marta Mohamed Salem, giovanissima studentessa adolescente per metà livornese e per metà saharawi, e di Karim Teyb (in foto), oggi 30enne, nato nel deserto algerino e cresciuto con amore poi in una famiglia livornese che lo ha fatto diventare uomo
Pace, libertà e autodeterminazione. Sono queste le parole chiave invocate a gran voce e raggruppate in un video, che potrete consultare qua sotto all’articolo, pronunciate in favore del popolo saharawi. L’iniziativa #FreedomforSahara nasce grazie al coraggio e alla forza d’animo di Marta Mohamed Salem, giovanissima studentessa adolescente per metà livornese e per metà saharawi, e di Karim Teyb (in foto), oggi 30enne, nato nel deserto algerino e cresciuto con amore poi in una famiglia livornese che lo ha fatto diventare uomo. Marta oggi è negli Stati Uniti mentre Karim sta vivendo in Canada dopo aver avuto un’importante esperienza lavorativa a Londra. Ma il comune denominatore è sempre lo stesso: le radici, le origini e il senso di giustizia e solidarietà che li ha animati sin dal principio decidendo di fare qualcosa di importante insieme, anche se lontani, e di grande importanza per il loro popolo di origine. Così l’idea: creare una pagina Facebook e una Instagram dove poter postare i video-appelli provenienti da tutte le parti del mondo per poter informare prima di tutto e poi sensibilizzare sulla situazione che sta vivendo un popolo storico, antico come il mondo, forte e fiero e di tradizione.
“Il 13 novembre è scoppiato nuovamente il conflitto armato nel Sahara Occidentale – spiegano Karim e Marta – Questo perché già da tempo il regime marocchino ha aperto un passaggio nel lungo muro che divide il Sahara Occidentale in due parti. Questo passaggio viola l’accordo del cessate il fuoco del 1991. A questa violazione, un gruppo di civili saharawi ha risposto con proteste pacifiche per diversi giorni, ma purtroppo pacifico non è stato l’atteggiamento marocchino nei loro confronti; si è rotto definitivamente il cessate il fuoco che durava da trent’anni, cioè da quando l’ONU inviò la sua missione per l’organizzazione del referendum nel Sahara Occidentale, Minurso”.
“Questo referendum – continuano i due giovani attivisti – è atteso pazientemente dai Saharawi dal 1975, quando la Spagna, abbandonando la colonia, lo promise alla popolazione autoctona, due anni dopo la fondazione del Fronte Polisario (fronte popolare del Saguia el Hamra, Rio d’oro). Nel ’75 non ci fu un referendum ma un accordo tra Marocco, Spagna e Mauritania: l’accordo di Madrid, in seguito al quale ci fu una marcia di 350.000 uomini inviati dal re marocchino Hassan 2, nonostante la Corte internazionale di giustizia avesse sentenziato il diritto del popolo saharawi a decidere il proprio destino negando qualsiasi rivendicazione marocchina su questo territorio. Da questo momento inizia una guerra di liberazione che durerà fino al 1991, anno appunto del cessate il fuoco. La popolazione è in parte costretta a fuggire e a vivere in esilio nel sud dell’Algeria, dove ancora oggi vive in campi profughi, e un’altra metà vive sotto l’occupazione marocchina subendo quotidianamente soprusi e abusi con sequestri, sparizioni e torture di attivisti e attiviste saharawi, accentuate nell’ultimo periodo con assedi di molte abitazioni”.
“Purtroppo l’ONU– proseguono Karim e Marta – non è stato in grado, fino ad oggi, di imporre lo svolgimento del referendum subendo i ricatti del regime marocchino e riducendo il suo ruolo ad un semplice vigile del traffico. In questi trent’anni si sono succeduti molti inviati per avvicinare le due parti senza esito nonostante le molte concessioni che i saharawi hanno fatto al fine di raggiungere un accordo. L’ex segretario di stato americano James Backer nel 2007 fece una proposta di compromesso tra le due parti che fu rigettata dalla Francia per evidenti interessi economici; l’ultimo inviato è stato l’ex presidente della Germania dimesso per motivi di salute, quindi attualmente non c’è neanche un inviato”.
“La nostra volontà con questa iniziativa – concludono i due – è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica italiana e mondiale per chiedere agli organismi internazionali un impegno serio che possa portare una soluzione democratica, pacifica e duratura che non può prescindere dal sacro diritto di autodeterminazione del popolo saharawi. Dopo 45 anni chiediamo un solo giorno di democrazia che metta fine a questa guerra e riporti il popolo saharawi a casa, in pace, per sempre. Siamo felici di aver avuto appoggio a livello internazionale e ringraziamo ogni singola persona per l’interesse e l’aiuto prezioso ricevuto. Un ringraziamento particolare anche alla nostra città che ci ha supportato come fa già da anni; dal 1987 accoglie gli ambasciatori di pace saharawi, i bambini, con molto calore e affetto”.
Qua sotto il video-appello che ha raccolto adesioni in tutte le lingue e in tutte le parti del mondo grazie all’iniziativa di Karim e Marta:
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