Nel libro di Riccardi l’uomo che inventò le Paralimpiadi
L'autore, nonché generale dell'Arma dei carabinieri, Roberto Riccardi: "Il mio libro parla della figura di Ludwig Guttmann, un uomo speciale, che ha dato vita ad un nuovo modo di intendere lo sport"
Presente all'incontro organizzato da Fondazione Livorno l'azzurra livornese Giulia Aringhieri reduce dall'esperienza di Tokyo 2020: "Sono molto felice di essere qui e penso che già l’esistenza di un incontro del genere sia la testimonianza di quanto stiamo facendo bene come movimento paralimpico italiano"
di Lorenzo Evola
Prosegue la serie di incontri organizzati dalla Fondazione Livorno, tra i parchi pubblici e i palazzi storici della provincia, riguardo agli argomenti connessi con la sua attività (foto Lorenzo Amore Bianco).
All’interno della splendida cornice naturale di Villa Mimbelli, sono le Paralimpiadi il tema centrale di questa seconda conversazione, sulla scia degli ottimi risultati ottenuti dagli atleti azzurri a Tokyo 2020 e in merito all’uscita di “Un cuore da campione” (Edizione Giuntina), il nuovo libro di Roberto Riccardi – Generale dell’Arma nonché scrittore – incentrato sull’inventore dei giochi paralimpici.
Presenti all’evento Giovanni Giannone (Consiglio Amministrazione Fondazione Livorno), l’autore Roberto Riccardi, Giulia Aringhieri, appena tornata da Tokyo dove ha partecipato con la nazionale azzurra di sitting bolley e il sindaco Luca Salvetti, oltre alle tante associazioni e ai tanti volontari che con la Fondazione condividono i numerosi progetti realizzati in questi anni per i giovani disabili che hanno subito lesioni importanti ma che continuano ad avere tanta voglia di vivere e di lottare.
È proprio il primo cittadino ad esordire: “Il grande seguito che hanno avuto quest’anno le Paralimpiadi è dovuto secondo me non solo alla copertura mediatica che c’è stata su quest’evento ma anche ad una maggiore convinzione di tutti noi, fruitori e osservatori di sport, che i giochi paralimpici siano diventati un evento dove non ci sono atleti diversamente, ma ancora più abili. E questo è davvero un gran risultato. Poi non bisogna dimenticare la grande tradizione della città di Livorno nel crescere talenti sportivi, non solo normodotati, e questo anche grazie alle numerose associazioni che svolgono un compito non semplice e delle quali dobbiamo andare fieri. Tutto ciò che si muove intorno agli sport paralimpici trova in Livorno un humus perfetto”.
La parola passa poi ad una protagonista azzurra, Giulia Aringhieri fresca di un buon sesto posto nella disciplina del sitting volley: “Sono molto felice di essere qui e penso che già l’esistenza di un incontro del genere sia la testimonianza di quanto stiamo facendo bene come movimento paralimpico italiano. Tokyo è stata davvero una grande esperienza per tutta la spedizione. Riguardo alla mia squadra penso che abbiamo dato veramente il massimo, forse eravamo un po’ inesperti per una competizione di questo calibro ma sono sicura che ci rifaremo tra un mese e mezzo agli Europei in Turchia”.
Ma l’incontro è stata occasione anche per presentare il nuovo libro del generale dell’Arma Roberto Riccardi che, come sostiene Giannone: “E’ uno scrittore che spazia su molti temi e li affronta con grande sensibilità. Non appena ha dato l’ok non ci abbiamo pensato un secondo in più ad organizzare questa iniziativa. Il libro rappresenta uno spaccato importante dell’attività paralimpica, di come ci siamo arrivati e di quali aspetti storici hanno portato a questo percorso”.
“Il mio libro parla della figura di Ludwig Guttmann, un uomo speciale, che ha dato vita ad un nuovo modo di intendere lo sport – spiega l’autore di “Un cuore da campione” – Guttmann era un medico ebreo rifugiatosi in Inghilterra per sfuggire alle persecuzioni naziste del Terzo Reich. Una volta stabilitosi all’ospedale di Stoke Mandeville, avviò una rivoluzione che avrebbe cambiato l’approccio alla paraplegia. Guttmann riteneva che i giovani feriti di guerra non avrebbero dovuto marcire in un letto – li considerava come “il meglio degli uomini” – e così alla disperazione e ai sedativi, preferì l’attività sportiva. I ragazzi tornarono alla vita grazie ad una sana competizione e, visti i risultati incoraggianti, pochi anni dopo nacquero i giochi di Stoke Mandeville”
“Ma la svolta finale – chiosa Riccardi – avviene grazie ad un medico italiano, Antonio Maglio, che decise di portare i giochi dell’ospedale di Guttmann a Roma, in occasione delle Olimpiadi del 1960 tenutesi proprio nella capitale. Fu così che nacquero le gare paralimpiche. Non so se Guttmann poteva immaginare ciò che sarebbe avvenuto grazie alla sua invenzione, ma so che cosa lo accomuna agli atleti paralimpici, ed è il titolo del libro. Era un cuore da campione”.
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