Nasce il primo coro all’interno del carcere. Il maestro Grasso dirige “UnAnime”
In foto il maestro Cristiano Grasso sul palco del Teatro Goldoni durante "Love Song", lo spettacolo messi in scena per il giorno di San Valentino
Al maestro Cristiano Grasso è stato affidato l'incarico, l'onere e l'onore, di formare il primo coro di persone detenute che sia mai esistito all'interno della casa circondariale de "Le Sughere". 24 incontri e un programma fatto di cantautorato italiano, blues e tanta passione. "Un'emozione pazzesca poter essere il capofila di questo progetto"
La musica come maniglia da tirare verso un fuori così vicino eppure fin troppo lontano. La voce come strumento per scavalcare le barriere e unire, superare ogni ostacolo culturale, riallineare le anime in un unico accordo. Ed è proprio con questo intento che il maestro Cristiano Grasso, docente del Conservatorio Mascagni di formazione audio-percettiva e docente di ruolo di sostegno e referente sulla disabilità all’Istituto Comprensivo Bartolena, nonché deus ex machina del Coro SpringTime e di quello tutto al femminile Monday Girls, ha accettato una sfida fatta di cuore e note intraprendendo un cammino pronto a unire e a stupire. Si tratta del primo coro, mai esistito prima, formato inizialmente da 23 componenti (volontari) della sezione di alta sicurezza della casa circondariale de “Le Sughere” di Livorno (il numero è in divenire in quanto, in questa prima fase, le adesioni sono aperte).
Un coro che lo stesso maestro Grasso ha voluto battezzare con un nome che profuma di speranza e ha il sapore fragrante dell’indivisibilità del sentimento e della sintonia: UnAnime. È questo il nome scelto per questo progetto partito giovedì 13 aprile con il primo incontro effettuato e i primi accordi cantati che hanno riecheggiato sulle note di Battisti e De Andrè, i due cantautori scelti come incipit per iniziare ad amalgamare le paste vocali e allineare sui binari della sinfonia intimistica i nuovi coristi che si sono presentati con tanti interrogativi ma con molta passione davanti al maestro Cristiano Grasso.
“Il primo incontro è stato davvero emozionante – spiega il maestro Grasso contattato al telefono da QuiLivorno.it – Una vera botta di adrenalina che mi ha sciolto ogni pensiero, ogni dubbio e ha lasciato spazio soltanto all’entusiasmo che mi ero caricato sulle spalle già da alcuni mesi, da quanto cioè Marcella Gori, coordinatrice Area Trattamentale della Casa Circondariale de Le Sughere e a cui devo un grande grazie insieme a tutte le educatrici che lavorano per questo progetto, mi contattò chiedendomi se fossi interessato a proporre un percorso formativo all’interno del carcere formando un coro. L’idea mi ha subito affascinato e così ho proposto un progetto che poi è stato accettato. Si tratta di 24 incontri, uno a settimana di circa un’ora e mezzo a volta. Inizio proponendo i grandi classici del cantautorato italiano come Fabrizio De Andrè con la sua storica Bocca di Rosa e Lucio Battisti con una canzone iconica come Il mio canto libero di cui un verso avevo scorto, durante un primo sopralluogo, essere dipinto su di un murale all’interno della casa circondariale. Ma nella prima uscita non abbiamo disdegnato neanche un bel blues e ci sono stati tutti dentro dimostrando un bel cuore e un bell’atteggiamento, appunto, corale”.
Alla fine perché la necessità di un coro in carcere?
“Perché fondamentalmente il coro – spiega Grasso – è catalogabile come un’attività di recupero in quanto un coro lavora sulla relazione, un coro non ha basi individualistiche ma di ascolto e formazione all’internodi un’armonia musicale e rappresenta quindi una crescita sia culturale che personale e sociale. Il coro è una pratica sociale. Ed è proprio questo che ho messo alla base del mio progetto. Non solo la rilevanza prettamente musicale ma quella di crocevia in cui si interagisce con l’altro che è accanto ma diverso da me. Nel primo incontro ho detto ai miei nuovi coristi, che variano da un’età di circa 30 anni fino ai 60 o poco più, che come identità corale ci andremo a formare piano piano”.
Come hanno accolto il nome che ha dato al coro, UnAnime?
“Benissimo direi. L’idea di questo nome è quella di racchiudere tante anime sole e ognuna divisa ma che si ritrova formandosi e fondendosi in un un’altra arrivando a creare una sola anima che è quella del coro. Il gruppo ha reagito benissimo al primo incontro lasciando presupporre ottimi propositi per il proseguo dell’avventura”.
Quanto durerà il progetto?
“Il progetto durerà 24 incontri per un totale di circa 6 mesi. Andremo avanti anche in estate e il mio desiderio sarà quello di concludere l’avventura con un concerto. Durante questo periodo la mia intenzione è anche quella di riuscire a portare dentro anche una rappresentanza di uno dei miei due cori. E alla fine, quello che mi piacerebbe davvero, è di poter scrivere io una canzone per loro e credo che possa anche fare molto collante che possa identificarci come un noi unico e, appunto, UnAnime”.
La cosa che Le è piaciuta di più di questo piccolo grande inizio?
“Una sensazione strana e bellissima al tempo stesso. Cioè che dopo qualche minuto che stavamo facendo coro insieme questi ragazzi e questi uomini che avevo davanti mi sembravano semplicemente venti coristi in più dei miei cori. Niente di più e niente di meno”.
Ed è proprio questo il potere fortissimo della musica affidato, in questo caso, al maestro Grasso. Quello di evocare. Quello di non aver bisogno di bagagli e biglietti per volare via. Quello di poter unire e trasportare come una fantastica macchina del tempo ogni persona in luoghi disparati della propria anima. Il poter di perdersi per ritrovarsi. Insieme. Perché il dentro faccia sempre meno paura. Perché il fuori riesca sempre di più ad invadere quel dentro, portando luce. E tanta, tanta musica. Che si sa… ti fa volare, come un canto libero…
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