Il prof. Giannini lascia l’Enriques dopo 25 anni. La lettera-saluto
"Attendo l’ultima campanella, sperando di reggere emotivamente per non diventare patetico, con la consapevolezza che nessuna scuola sarà per me ciò che è stato l'Enriques e io non potrò essere in nessuna scuola quello che sono stato per l’Enriques"
L'addio al liceo di via della Bassata in un post sulla sua pagina Facebook: "Quando ho fatto clic sulla domanda di trasferimento è partita la lacrimuccia. Perché quel clic ha sancito la fine di un viaggio sublime e magico e ora è giunta la conferma ufficiale: il liceo Enriques rappresenta un passato che non tornerà: 25 anni meravigliosi e troppi grazie"
Con un lungo post sulla sua pagina Facebook il professore di storia e filosofia del liceo Federigo Enriques di via della Bassata, Lamberto Giannini (in una foto che lo ritrae arringare gli studenti durante una manifestazione studentesca nel gennaio del 2019), dà l’addio ufficiale alla “sua” scuola, quella che lo ha ospitato per 25 anni. Una lettera sentita e commossa in cui l’istrionico regista, scrittore, sceneggiatore ma, in questa veste, “prof” Giannini saluta e ripercorre le tappe di quelle che sono state le sue pietre miliari di una carriera vissuta sempre in prima linea che sia stata dietro la cattedra o per qualche “battaglia”. Ecco il saluto che pubblichiamo qua sotto con la sua autorizzazione nel rendere pubblico questo accorato “addio”.
“25 anni di magia. Enriques. 5 ottobre 1996, sabato mattina squilla il telefono, sento una voce seria, provveditorato di Livorno. Prof. Giannini? Sì, sono io… lunedì mattina può prendere servizio al liceo Enriques è stata accolta la domanda di utilizzazione.
Pensavo di essere di passaggio, invece sono durato un quarto di secolo. Un pezzo di vita e di amore per i miei alunni ed alunne, un numero infinito di volti è passato davanti ai miei occhi.
I pezzi di vita sono così belli perché non sono eterni, e tutte le storie hanno una fine. Difficile ricordare un aneddoto in particolare, ma io mi sono sentito parte di questa scuola, parte dei corridoi, delle aule, degli sguardi dei colleghi, del personale Ata, degli alunni e anche dei dirigenti.
Ricordo le lotte per ottenere spazi adeguati, i vari scontri con i colleghi, che ho sempre rispettato, per visioni diverse, la mia voglia impetuosa di passare dal così fu, al così volli che fosse.
Ricordo la dirigente Elisa Amato una sorta di sorella maggiore, che mi fermò dal compiere una cavolata in un momento di difficoltà. Volevo licenziarmi perché sentivo diminuire l’entusiasmo. Ma davvero troppi i ricordi, ora posso solo chiedermi perché è finito tutto questo? Perché qualcosa si è rotto in modo definitivo e quando senti che qualcosa dentro di te si spacca, devi ascoltarti e decidere.
O forse semplicemente perché amo anticipare la fine, per potermela godere, avendo l’illusione di poterla gestire, mi capita anche negli spettacoli dove il finale è anticipato da altri 5 o 6 finali, è come una volontà di gustarmi gli attimi di non essere passivo di fronte a questi.
E quando ho fatto clic sulla domanda di trasferimento è partita la lacrimuccia. Perché quel clic ha sancito la fine di un viaggio sublime e magico e ora è giunta la conferma ufficiale: il liceo Enriques rappresenta un passato che non tornerà. 25 anni meravigliosi e troppi grazie dovrei dire, quindi sintetizzo, ringraziando tutti, colleghi, personale Ata e soprattutto ciò che rende eterno ogni attimo di questa professione: i ragazzi e le ragazze che mi hanno ascoltato e mi hanno permesso di lasciare segni indelebili (mi auguro).
Come collega da ringraziare scelgo simbolicamente, quello che è diventato un fratello, la persona con la quale ho litigato di più in vita mia, ma che riconosco come maestro irraggiungibile: Maurizio Sciuto.
Come classi da ringraziare scelgo simbolicamente la 4B e la 4M di questo anno scolastico, mi sento un traditore, ma credo abbiano capito (davvero due classi così belle ed entusiasmanti non le avrò più). Chi subentrerà al posto mio, lo dico con orgoglio, troverà un’atmosfera contagiosa, lasciare loro è paragonabile ad un suicidio didattico, quando entro dentro le loro aule, mi sento coccolato, capito, accolto ed atteso. Sarà difficile ricreare alchimie del genere, perché sono ragazzi e ragazze che fanno della sublime unicità la loro cifra. Sono sicuro che vivranno una vita carica di significati profondi, io spero di averne lasciato qualcuno. E specialmente il prossimo anno vi penserò spessissimo con malinconia e senso di colpa, non potrò cercarvi ma sappiate che io ci sarò sempre.
Riemerge il dolore mai sopito per Alessio, Edoardo, Giuseppe ed Andrea.
Allora perché? Me lo chiedo anche io. Forse semplicemente per godermi anche questo momento emotivo, ma non è solo questo.
Lasciare l’Enriques è l’estremo atto di amore nei confronti di questa scuola, perché non scherzo se dico che ogni ora di lezione è stata per me respiro e vita ed ho sentito il dovere di non trasformare tutto questo in abitudine.
E attendo l’ultima campanella, sperando di reggere emotivamente per non diventare patetico, visto che ho scelto io di vivere un’altra avventura, con la consapevolezza che nessuna scuola sarà per me ciò che è stato l’Enriques e io non potrò essere in nessuna scuola quello che sono stato per l’Enriques. Vi saluto inchinandomi di fronte alla bellezza degli studenti e delle studentesse che ho avuto, in questi meravigliosi venticinque anni: “il mondo è partito, io vi devo portare con me”.
Lamberto Giannini
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