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Traffico illecito di rifiuti in porto: scatta il sequestro

Venerdì 21 Giugno 2019 — 09:29

Se non intercettati, i rottami metallici sarebbero stati destinati alla fusione presso una fonderia veneta con sicura emissione di diossina e altri fumi tossici a causa del non corretto trattamento del materiale

Operazione “Oro Rosso”. In sinergia con i colleghi di Genova, le Fiamme Gialle della seconda compagnia di Livorno e i funzionari dell’Agenzia delle Dogane labronica hanno individuato due container dichiarati contenere 55.193 kg. di “pacas de cobre”, letteralmente “balle di rame”. I contenitori, da tempo giacenti nel porto di Livorno, sono stati sottoposti a visita doganale riscontrando che le merci erano costituite da cascami, fili, cavi e rottami metallici prevalentemente di rame raccolti in balle fascettate, che non apparivano adeguatamente trattati e bonificati. I tecnici Arpat, appositamente intervenuti, hanno classificato infatti le merci come “rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione – rame, bronzo, ottone” (voce CER: 170401).

Riscontrata l’assenza della documentazione accompagnatoria prevista dalla normativa comunitaria in materia di rifiuti (Allegato VII e contratto tra lo speditore e il destinatario ex Reg. UE 1013/2006) e delle certificazioni (ex Regolamento UE 715/2013) che potessero attestare il recupero del materiale raccolto e la perdita della natura di rifiuto, sono stati segnalati alla Procura della Repubblica di Livorno gli amministratori delle tre società coinvolte nella spedizione, per concorso nel reato di traffico illecito di rifiuti, mentre i due carichi di rottami, del valore di oltre 300.000 euro, sono stati sequestrati in forza del provvedimento emesso dal Pubblico Ministero titolare dell’indagine.

I due carichi risultavano spediti dal Venezuela a nome di una società statunitense con sede in Florida ed erano chiaramente destinati all’importazione in Italia da parte di una società di diritto elvetico per il tramite di altra impresa italiana, sua rappresentante fiscale sul territorio nazionale. La scelta del Paese di provenienza dei rottami è apparsa verosimilmente dettata dalla particolare situazione economica e sociale in cui attualmente lo stesso versa e che lo espone a una drastica riduzione del potere contrattuale in riferimento alla determinazione dei prezzi.

A nulla è valso il tentativo di variare la destinazione finale dei carichi di merci operato, al fine di evitarne il sequestro, tramite una tardiva emissione di documenti di transito comunitario con destinazione finale Hong Kong. Se non intercettati, i rottami metallici sarebbero stati destinati alla fusione presso una fonderia veneta con sicura emissione di diossina e altri fumi tossici a causa del non corretto trattamento del materiale che, infatti, in parte presentava ancora rivestimenti plastici.

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