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Piazza Garibaldi: arrestato l’uomo che ha minacciato l’orologiaio. Il negoziante: “Temevo avesse un coltello”

Venerdì 25 Agosto 2017 — 16:30

L'uomo è stato condotto in carcere alle Sughere a seguito - spiegano dalla questura - di "condotta anti-sociale". Parla l'orologiaio Stefano Russo. "Ecco come sono andati i fatti". La ricostruzione affidata a Quilivorno.it

di Giacomo Niccolini

Un episodio che ha scosso un’intera famiglia e un intero quartiere quello che è andato in scena nel pomeriggio di mercoledì 23 agosto intorno alle 16 tra gli scali delle Cantine e piazza Garibaldi. Protagonista un noto e rispettato commerciante della zona, Stefano Russo, che da anni è conosciuto grazie alla sua attività di orologiaio. La notizia arrivata dagli uffici della Questura intorno alle 16 di venerdì 25 agosto è che il tunisino protagonista dell’episodio di presunta violenza nei confronti della moglie e delle minacce nei confronti di Stefano Russo è stato condotto in carcere alle Sughere a seguito – è stato spiegato durante la conferenza stampa – delle “condotte anti-sociali tenute in queste ultime ore”. L’uomo, 32 anni, era infatti in regime di arresti domiciliari con una finestra di libertà quotidiana dalle 16 alle 18, finestra nella quale si è verificato il fatto. A seguito di quanto accaduto mercoledì il Magistrato di Sorveglianza ha revocato il privilegio ordinando lo stato di detenzione in carcere.
La storia è ormai nota (clicca qui per leggere la news) ed è lo stesso commerciante che, tramite Quilivorno.it, ha voluto chiarire i fatti di come sono andate le cose nel pomeriggio di mercoledì.
“Avevo appena parcheggiato l’auto in piazza Garibaldi per recarmi al lavoro. Erano circa le 16- spiega al nostro cronista Stefano Russo dietro al suo bancone all’interno della sua attività – Mentre attraversavo la strada ho notato questa coppia di stranieri, con i bambini piccoli a fianco che piangevano, che stava litigando aspramente. In pochi istanti l’uomo, un ragazzone di un metro e novanta, ha preso per la gola la compagna alzandola da terra. La stava strozzando così ho urlato di smettere. Lui a quel punto è venuto verso di me inveendo e mettendomi le mani addosso. Io ho reagito spingendolo via e correndo verso il negozio dal momento in cui ho visto che questo ragazzo stava prendendo qualcosa da sotto una baracchina presente nella piazza e credevo fosse un coltello, non sapevo e non avevo visto che in realtà era un sasso come è emerso dopo”.
L’episodio dunque si sposta da piazza Garibaldi a scali delle Cantine dove ha l’attività Stefano Russo. “Sono corso all’interno del mio negozio – spiega l’orologiaio – e d’istinto mi è venuto da prendere una pistola dalla cassaforte e portarmi sull’uscio per dire a quello di andare via. Il mio errore più grande è stato quello di andargli incontro per qualche metro uscendo in strada con l’arma in pugno. Il tempo di rientrare dietro al bancone che in pochi secondi c’era già la polizia che aveva bloccato la via con i poliziotti che erano entrati con le armi spianate dentro il mio locale”.
Russo passa poi in esame la faccenda delle denunce ricevute e delle pistole detenute.
Il commerciante è stato infatti denunciato per minacce aggravateporto abusivo di armi, e mancata denuncia di armi.
“Ho ereditato queste pistole da mio fratello morto venticinque anni fa – spiega con le lacrime agli occhi Stefano Russo – non le ho mai usate le ho lasciate incartate così come le avevo ereditate dentro la cassaforte. Il mio errore è stato quello di non averle mai denunciate. Per altre due armi invece la denuncia c’è ma quando cambiai sede del negozio da piazza Garibaldi a Scali delle Cantine non denunciai il cambio di luogo di detenzione. Il porto d’armi? Mi è scaduto nel 1992 e non l’ho mai più rinnovato in quanto non ho mai avuto modo di usare un’arma. Adesso dovrò affrontare un iter legale per questi miei sbagli da un punto di vista giudiziario ma volevo far chiarezza su quanto accaduto. Dovevo chiudermi all’interno del negozio e chiamare il 113. Ma in quel momento mi è mancata la lucidità per pensare, avevo paura. Qui ci lavora mio figlio. Ho temuto anche per lui”.

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