Nogarin: “Liberazione, ripartiamo da cuore e piazze”. Remi, vince il Benci. Tutti i risultati del Trofeo
Il sindaco: "Il grande cuore dei livornesi è il più straordinario antidoto contro l’indifferenza"
Si sono svolte le celebrazioni civili e militari del 72° anniversario della Liberazione, che hanno visto protagonisti oltre al sindaco di Livorno, il prefetto, tutte le massime autorità militari della città, le associazioni partigiane, le associazioni omosessuali e i rappresentanti della comunità ebraica livornese (clicca qui – tutti i risultati e le foto delle gare remiere Trofeo Liberazione).
Dopo la deposizione delle corone di alloro al Milite Ignoto in piazza della Vittoria e al bassorilievo del partigiano, il corteo, guidato dalla banda cittadina, è giunto in Palazzo Civico.
La mattina si è quindi conclusa con il discorso di ringraziamento e di saluto del sindaco Nogarin e con l’intervento della professoressa Adriana Dadà dell’Università di Firenze che ha illustrato il contesto storico e politico in cui è avvenuta la liberazione dal nazifascismo.
Questo il discorso completo letto dal sindaco in Sala Cerimonie:
“Buongiorno a tutti, un saluto alle autorità civili e militari presenti, un saluto e un ringraziamento alla professoressa Adriana Dadà dell’Università di Firenze, la cui prolusione ascolteremo tra pochi minuti, e un saluto particolare agli amici dell’Anpi di Livorno, che lavorano incessantemente su tutti i fronti per fare in modo che sia il 25 aprile tutti i giorni. Voglio essere da subito chiarissimo: sono davvero felice di vedere in questa stanza sia l’associazione dei partigiani che il rappresentante della comunità ebraica livornese. E’ il modo migliore per ricordare che abbiamo avuto e in parte abbiamo alcuni nemici in comune: il nazifascismo, ovviamente, ma anche le ideologie razziste e xenofobe mai sopite, anzi, prepotentemente presenti in questo preciso periodo storico.
Questa mattina, però, io vorrei mandare un saluto particolare agli indifferenti.
Sto parlando delle centinaia di migliaia di persone in tutto il paese che in questo momento stanno pensando che il 25 aprile, a 72 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, sia ormai un rituale stanco.
Forse è vero, forse hanno ragione. Forse siamo noi rappresentanti delle istituzioni i primi a pensare che sia così.
Altrimenti non si capirebbe il motivo per cui il 25 aprile, invece di essere una straordinaria festa di popolo, con musica, colori, cortei e iniziative nate dal basso, si sia trasformato invece in un appuntamento organizzato e gestito in via pressoché esclusiva dal cerimoniale.
L’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere il 25 aprile. Aver ingessato le celebrazioni della festa della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ha allontanato i cittadini da questo momento fondamentale della nostra storia, che oggi più che mai ha invece bisogno di essere ricordato per ciò che è stato. Una festa appunto.
Una festa celebrata nelle piazze e nelle strade di tutto il Paese in nome di una pace ritrovata e di una voglia di ribellarsi dal giogo oscurantista, violento, razzista e intollerante del nazifascismo.
E’ da lì, dal basso, dalle piazze, dalle strade, che dobbiamo ripartire se vogliamo che le giovani generazioni si riapproprino dei valori della resistenza, dell’antifascismo e della libertà che oggi siamo chiamati a celebrare.
Attenzione.
Questo discorso vale anche per Livorno, la città delle nazioni, la città nata dalle molteplici genti, diversis gentibus una, appunto, come si legge sulla prima moneta coniata a Livorno nel XVII secolo. la città dell’operaismo e del partito comunista italiano. Bene. Nemmeno Livorno è immune dai rigurgiti neo fascisti, xenofobi o, come va di moda dire in queste ore, sovranisti che attraversano l’Europa, compresa la Francia illuminata e illuminista.
Non intendo addentrami nei casi particolari, ma solo quest’anno abbiamo assistito alla comparsa di croci uncinate sui muri del centro della città, abbiamo dovuto fare i conti con episodi di razzismo sui campi di calcio durante partite tra ragazzini, abbiamo assistito alla nascita di veri e propri comitati di cittadini preoccupati per l’arrivo dei migranti nei loro quartieri.
Spesso siamo noi politici i primi a cercare una giustificazione per questo tipo di fenomeni. Spesso ricorriamo a formule sempre valide come: “E’ colpa della crisi” oppure “ E’ una guerra tra poveri”.
C’è una parte di verità in queste frasi fatte che utilizziamo in alcuni casi come una coperta di Linus pur di nascondere la realtà.
Che molto più semplicemente racconta che, quando un popolo o un gruppo di cittadini si sente vulnerabile, reagisce con rabbia e violenza tentando di tenere a distanza colui che potrebbe rappresentare una minaccia. Per i propri affari, il proprio lavoro, i propri affetti.
Non è questo il momento di indagare a fondo le cause che stanno determinando questa nuova ondata di odio e xenofobia. E quel che è sicuro è che non sono io a dover fare questo tipo di analisi. Ciò che però è altrettanto sicuro è che, se è vero come è vero, che nemmeno Livorno è immune da questo fenomeno, la nostra città è dotata di formidabili anticorpi.
Io penso in particolar modo alle associazioni che operano sul nostro territorio e che sono sempre in prima fila per cercare di organizzare progetti di integrazione e inclusione dei migranti. Ma anche a tutti i cittadini che si impegnano in prima persona, ogni giorno per portare avanti piccole battaglie quotidiane dallo straordinario valore simbolico e non solo.
Penso ai volontari che ogni notte assistono le decine di senzatetto che passano la notte nelle piazze o in stazione. Penso a tutti quegli insegnanti che combattono contro il bullismo e la xenofobia tra i banchi di scuola e ogni anno, in questo periodo, provano a spiegare ai nostri ragazzi il motivo per cui la nostra Costituzione è figlia della Resistenza partigiana e perché è così importante conoscere la storia che ci ha portato fino qui. Penso ai lavoratori della Grandi Molini, che da giorni ormai sono in presidio permanente per difendere il loro posto di lavoro e, nonostante le ripetute brutte notizie arrivate da parte dell’azienda, non hanno mai alzato la voce più del giusto o sfogato la loro comprensibile rabbia in modo improprio.
Ma penso anche a quello che ho visto poco fa: durante il corteo che ci ha condotto fino qui, i membri dell’arcigay hanno sfilato con le bandiere arcobaleno a mezz’asta (o listate a lutto). Lo hanno fatto per denunciare i soprusi, le violenze, e lo sterminio che stanno subendo gli omosessuali in Cecenia.
Ci sono centinai di esempi che potrei fare, ma il concetto che ci sta dietro è molto semplice: se Livorno ha le carte in regola per tenere la barra dritta di fronte a questo vento di intolleranza e xenofobia che sta attraversando l’Europa è perché i suoi abitanti hanno un cuore grande come il mare.
C’è qualcuno che pensa il contrario, lo so. Ma io invece sono persuaso del fatto che, alla fine, non saranno gli investimenti in infrastrutture, i mega progetti faraonici per il porto e nemmeno l’istituzione del reddito di cittadinanza a salvare questa città.
Ci penserà il grande cuore dei livornesi che, in questa giornata che auspico possa essere la festa della liberazione dall’intolleranza e dal razzismo, è il più straordinario antidoto contro l’indifferenza. Buon 25 aprile a tutti”
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