Una prof: a settembre vogliamo tornare a scuola
Cara Ministra Azzolina,
il Coronavirus ci ha costretto ad abbandonare gli edifici scolastici, lei sostiene “la DaD ha funzionato bene”. Ecco analizziamo questa proposizione dal punto di vista del corpo docente, di cui faccio parte da oltre un ventennio, delle famiglie e dei ragazzi, non da quello ministeriale. La Didattica per definizione, è quella branca della pedagogia che si occupa di insegnamento e metodologie applicative, e la didattica a distanza non è una scoperta dell’epoca Covid 19, visto che in precedenti situazioni estreme, da anni, veniva utilizzata. Ha funzionato bene. Di quale funzionamento parlava? Funzionamento tecnologico? Funzionamento metodologico? Parlava della mera possibilità di vedersi aldilà di uno schermo? Pensava che la relazione sociale, il meccanismo emotivo che fa scattare la molla della curiosità fosse soddisfatto da una videolezione su una piattaforma? A cosa pensava quando ha fatto questa dichiarazione? Provo a spiegarLe. La Dad è una modalità di lavoro, la Dad non è scuola – e questa modalità ci è stata imposta dall’alto, dall’oggi al domani in nome di questa grave emergenza sanitaria, ma senza analizzare le condizioni dei diversi territori, ambienti culturali, problematiche sociali e familiari, lasciando la soluzioni delle difficoltà alle varie istituzioni scolastiche e senza avere davanti le vere esigenze dei ragazzi, che , proprio in questa emergenza, dovevano essere particolarmente curate. Ma ha idea di quanti studenti, piccoli o grandi, abbiano una wifi a casa? Ha idea cosa significhi una famiglia intera che si attacca la mattina alla wifi contemporaneamente cosa fa accadere? Ha idea che i piccoli dovevano usare i mezzi dei genitori per fare lezione, e non tutti potevano farlo? Ha idea che esistono zone del Paese con scarsa o inesistente copertura? Dunque la Dad ha funzionato in quelle famiglie con mezzi a disposizione, con alunni senza difficoltà, ma per moltissimi ha significato, invece, emarginazione, accentuare il divario economico, culturale e sociale che nella scuola pubblica si lavora quotidianamente per azzerare, ha marcato, in un modo inaccettabile per chi lavora nel settore, le differenze fra chi può e chi ha e chi non può o non ha. Non solo, ma se la Dad ha rappresentato comunque un certo collante sociale ciò è stato dovuto unicamente al fatto che la scuola pubblica italiana è formata da milioni di professionisti di buon senso e di buon cuore che hanno fatto della scuola la loro scelta di vita, che hanno sempre saputo cosa fare e come muoversi, hanno idee, capacità progettuali, risorse umane grazie alle quali fanno sempre fronte alle manchevolezze del sistema nonostante i tagli di ogni governo (che ci hanno portato, fra l’altro, ad avere classi con oltre 30 alunni che ora non sapete come fare a far tornare a scuola e ai quali quindi prospettate l’idea di un anno scolastico in parte a casa), nonostante i programmi politici di ogni colore che ci sbandierano prima di ogni elezione, per poi dimenticarci in un cassetto. Ecco allora vogliamo tornare a fare scuola in qualunque luogo sia possibile farlo (perché non utilizzare immobili pubblici non sfruttati e renderli scuole sicure da ora a settembre?), anche se con nuove norme, vogliamo mezzi, investimenti, risorse, perché la scuola pubblica è il luogo dove insegnamo quotidianamente ai ragazzi a condividere, a stare insieme senza distinzione di sorta, a rispettarsi, a rispettare e comprendere il valore delle norme, dove formiamo cittadini critici e responsabili.
Professoressa Elena Lorenzini – Livorno
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