Piazza Attias, un degrado dalla A alla Z… anzi, alla V
La lettera del nostra lettore, corredata da un ampio reportage fotografico che pubblichiamo in pagina, mette in evidenza la grande incuria a cui è lasciata la piazza cittadina
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro assiduo lettore, Paolo Mura, che correda le sue righe con un ottimo reportage fotografico relativo all’incuria e al degrado in cui versa piazza Attias tra graffiti, sporcizia e arredo urbano danneggiato.
La lettera – “Dovrebbe essere uno dei salotti della città, ma a guardare bene si può solo notare degrado e vandalismo gratuito, si parla di piazza Attias, uno snodo sulle vie dello shopping labronico. Una piazza che descrivo sempre come divisa in tre serie. La prima serie dove campeggia una grande A, installazione lasciata in eredità dal grande artista Spagnoli, che è di certo più conosciuta ormai come scivolo un po’ per tutti, grandi e piccini, vive tra annunci vari: dichiarazioni di buoni intenti e di apostrofi di varia natura. Intorno i vari danni, dai manufatti di legno e a tutto un contorno di mattonelle che non stanno in
piedi nonostante le pezze messe. No problem, la transenna arriva in soccorso, alle varie colonne (fioriere?) usate come porta tutto.
La serie B al centro, tra le solite panchine il cui solo scopo forse è quello di fornire un appoggio per prendere il sole, e un po’ di colore grazie ai soliti, chiamati con un termine più moderno, writers che si sbizzarriscono agli angoli dietro al palazzo.
Ed ecco che si arriva in quella che io chiamo la serie C, l’ultimo angolo verso piazza della Vittoria (Magenta) dove si innalza la grande V azzurra (blu?). Anche questa installazione artistica del grande Breschi va lentamente degradandosi ed è lì a guardia di un lembo di piazza desertificata. A pochi metri un’area carica di colori e dazibao dei soliti writers. Ma i veri writers sono altra cosa. Educazione questa parola che sembra diventata obsoleta. Quanto ci vuole a capire che chi usa il bene comune come pattumiera, dimostra di essere un ignorante. Bene comune significa che appartiene a tutti noi. Questa mancanza è una delle note stonate che fa di una piazza che dovrebbe essere un piccolo gioiello, una cosa messa lì, uno spiazzo trasandato, sciatto”.
Paolo Mura
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