La violenza contro le donne, tra stereotipi, pregiudizi e discriminazione di genere
Passano gli anni, ma le violenze nei confronti delle donne non si placano. Guardare al passato aiuta a capire da dove veniamo, per comprendere quanto lavoro c’è ancora da fare.
In Italia, il delitto d’onore è stato abolito nel 1981, insieme al matrimonio riparatore. Un cambiamento reso possibile anche grazie al coraggio di donne come Franca Viola, simbolo di riscatto e dignità. Franca denunciò l’uomo che l’aveva stuprata, rifiutò il matrimonio riparatore e riprese in mano la propria vita.
Nel 1975, durante il processo per il massacro del Circeo, l’avvocato degli imputati, di quei “bravi ragazzi”, affermò: “Se le ragazze fossero rimaste accanto al focolare, dove era il loro posto, se non fossero uscite di notte, se non avessero accettato di andare a casa di quei ragazzi, non sarebbe accaduto nulla”. All’epoca, lo stupro non era ancora considerato un reato contro la persona, ma un’offesa morale.
Solo nel 1996 la violenza sessuale è stata riconosciuta come reato contro la persona, segnando un passo importante nella tutela dei diritti delle donne.
La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993, sottolinea come questa sia una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne. Relazioni che hanno portato a dominazione, discriminazione e ostacoli nel percorso di avanzamento delle donne.
La violenza di genere, fenomeno globale che attraversa paesi, generazioni e differenti modelli sociali, trova le sue radici nelle profonde diseguaglianze storiche e culturali.
Non si limita solo alle aggressioni fisiche, che nella loro forma più estrema sfociano nel femminicidio, include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, molestie sessuali, persecuzioni e altre forme d’abuso. Nella maggior parte dei casi, queste violenze vengono perpetrate da partner o ex partner, che sono anche i principali responsabili degli stupri.
Spesso, le donne non riconoscono immediatamente i segnali di una relazione tossica. La gelosia, il possesso, l’isolamento, il dover chiedere il permesso, la gestione delle finanze da parte del partner: sono tutti indicatori di una relazione non paritaria, di una pericolosa limitazione della libertà personale e dei diritti.
La violenza economica, ad esempio, è una delle tante forme di abuso che in molti casi si accompagna a quella psicologica e fisica. Spesso chi subisce violenza non la riconosce subito come tale, poiché essa assume forme sempre più subdole, come il revenge porn e la violenza digitale, che colpiscono anche le più giovani.
Anche i figli delle donne vittime di violenza ne subiscono spesso le conseguenze, direttamente o indirettamente, con gravi ripercussioni a livello emotivo, cognitivo e relazionale, sia a breve che a lungo termine.
Quando una donna vittima di violenza decide di chiedere aiuto, il primo impatto con chi la accoglie è fondamentale, per questo è essenziale che il personale sia formato per riconoscere i segnali di maltrattamenti, anche quando la vittima non è pronta a raccontare esplicitamente ciò che ha subito.
Le donne vittime di violenza si sentono spesso sole, convinte che nessuno possa comprenderle o aiutarle. Ma non è così, non deve essere così: uno dei tanti obiettivi della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le Donne, è accendere i riflettori sul problema, affinché sempre più persone ne comprendano le radici e la gravità.
Voglio lasciare un messaggio a tutte le donne che si trovano in difficoltà:
Forse pensi che non ci sia soluzione, che nessuno ti crederà o si schiererà dalla tua parte, di essere la sola a vivere questa condizione, che non potrai farcela economicamente da sola, che ti porteranno via i tuoi figli, che lui cambierà davvero, come ti ha promesso.
Ma dalla violenza si può uscire.
È però fondamentale chiedere aiuto e aiutarsi.
Emanuela Malangone
Segretario Nazionale Pianeta Sindacale Carabinieri – PSC ASSIEME
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