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Crisi e lavoro. A Livorno c’è un gran bisogno di fare sindacato

Martedì 11 Ottobre 2016 — 19:37

Il continuo mettere in discussione le condizioni di vita materiale di lavoratori, pensionati, precari e disoccupati ci consegna un quadro drammatico di come nel nostro paese si affronta il tema del lavoro.
In questi anni abbiamo assistito a una progressiva demolizione dello stato sociale prosciugato di risorse che in maniera lineare sono andate a incentivare le privatizzazioni dei servizi pubblici e le imprese.
La controriforma delle pensioni Fornero abbinata al jobs act e allo smantellamento dello statuto dei lavoratori ha creato un blocco nel ricambio generazionale e favorito la precarizzazione cronica dei giovani che si affacciano nel mondo del lavoro, aprendo a forme di lavoro come i vuocher, in continuo incremento, dove i diritti e la dignità dei lavoratori vengono calpestati quotidianamente.
Per questi motivi non possiamo ritenere sufficienti le aperture che il governo ha fatto ai sindacati in materia di ammortizzatori sociali e previdenza, a nostro avviso occorrono riforme strutturali che vadano ad eliminare tutte quelle storture che hanno messo in ginocchio milioni di persone e non proposte da inserire nelle finanziarie che hanno un arco temporale limitato, dobbiamo rivendicare un sistema previdenziale e una riforma del lavoro dove i lavoratori tornino ad essere centrali nell’idea di sviluppo della società e non siano vittime di modelli economici che favoriscono solo il profitto delle imprese.
Le difficoltà che viviamo a livello nazionale non possono che amplificarsi nel nostro territorio desertificato da politiche che hanno trasformato una città industriale in una città di cattedrali nel deserto mettendo a nudo limiti di una classe dirigente cittadina che negli ultimi 30 anni non ne ha più indovinata una giusta.
Il vero problema che viviamo a Livorno è che non c’è alcuna idea di sviluppo concreta, nessun progetto di rilancio con fondamenta solide, la darsena Europa continua ad essere un progetto “misterioso” che da mesi ormai subisce continui rinvii, il piano regolatore portuale sottoscritto due anni fa e atteso da oltre 50 anni ancora non viene attuato creando una situazione di stallo di tutta l’area portuale.
A nostro avviso in un contesto come quello attuale occorre rilanciare l’iniziativa sindacale smarcandosi da schemi che negli anni hanno contribuito a un costante arretramento di tutta la classe lavoratrice, dobbiamo a livello nazionale farci carico di condurre una grande battaglia sociale che veda protagonista tutte quelle persone che per vivere hanno bisogno di lavorare, unendo tutte le vertenze in corso nel nostro paese che vedono milioni di lavoratori e le lavoratrici senza rinnovi di contratto nazionale da anni, che vedono pensionati,  precari e disoccupati vivere sotto la soglia della povertà. A livello locale occorre alzare la pressione nei confronti delle istituzioni che da mesi si fanno la battaglia tra comune/provincia/regione senza portare alcun risultato concreto per una città avvitata su una crisi ormai divenuta strutturale. Per questo dobbiamo rivendicare un protocollo per gli appalti che garantisca clausole sociali integrali e che metta un freno alle continue emorragie di salario e diritti che ogni cambio di appalto genera, Dobbiamo inoltre, anche alla luce degli investimenti paventati nell’area portuale decidere di aprire il porto alla città e non lasciarlo in mano dei soliti noti, occorre rimettere in discussione tutta l’organizzazione del lavoro, basata da anni su un uso/abuso del lavoro straordinario che da un lato blocca possibili ritorni occupazionale e da l’altro crea problemi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro generando numerosi infortuni, spesso mortali di cui nel terzo millennio ne faremo volentieri a meno.
Dovremmo domandarci inoltre se i grandi investimenti infrastrutturali nei porti dell’area nord tirrenica(Savona, Genova, La Spezia, Livorno) abbiano una logica di sviluppo legata a un incremento di volumi concreto, oppure siano il solito modello capitalistico per creare strutture in competizione l’una con l’altra con l’unico obbiettivo di abbassare i costi generali del lavoro e di conseguenza le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici.
Per tutti questi motivi l’area programmatica Democrazia e Lavoro Livorno vorrà avere un ruolo da protagonista nella ricomposizione dei lavoratori della nostra città, perché solo unendo i lavoratori e aumentando i livelli di consapevolezza potremo iniziare a invertire i rapporti di forza, mettendo da parte frammentazioni e dinamiche che negli anni ci hanno consegnato una classe lavoratrice frantumata.

AREA PROGRAMMATICA CGIL DEMOCRAZIA E LAVORO LIVORNO.

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