Clienti e lavoratori pagano il prezzo di questa vicenda
Lo scandalo della truffa dei diamanti, esploso in questi giorni con la notizia del sequestro di fondi alle Banche coinvolte nella vendita, è purtroppo l’ennesimo che colpisce il sistema bancario italiano. Questo ultimo evento non fa altro che aumentare ancor di più la crisi di fiducia che ormai aleggia sul sistema bancario e sul mondo finanziario in generale. Il rapporto fiduciario con il cliente è il patrimonio più importante delle aziende di credito ed è essenziale per il funzionamento dell’economia del paese. Il depositante deve sentirsi garantito per il futuro suo e della propria famiglia, le banche possono così continuare ad avere i mezzi per sostenere l’economia del paese. Se si incrina, i danni si ripercuotono su tutti gli attori e su tutto il tessuto sociale. Secondo l’ABI nel 2018, i depositi della clientela residente sono aumentati di 32 miliardi rispetto al 2017. Una cifra uguale alla manovra di bilancio approvata a fine dicembre. Da uno studio diffuso dalla FABI il 2 febbraio scorso, si evince che dei 4.141 miliardi di ricchezza finanziaria posseduta dalle famiglie italiane, ben 1.371 sono parcheggiati sui conti correnti e depositi: non si incassano interessi, non si spende, non si investe. Quando scoppiano casi come questi la reputazione del sistema bancario crolla sempre più in basso e purtroppo, i primi ad essere additati sono i colleghi allo sportello che, materialmente sono i primi attori delle vendite dei prodotti alla clientela. Ma trovare così il colpevole è fin troppo facile. In caso di problemi successivi, si trovano anche a dover fronteggiare le ire dei clienti “truffati”, che sempre più spesso sono assistiti nelle loro rivendicazioni da studi legali o associazioni dei consumatori. Molto spesso ci si scorda che, negli ultimi decenni, proprio i lavoratori sono stati fortemente penalizzati dalle riorganizzazioni del sistema bancario: piani industriali ricchi di fusioni, smembramenti di attività, riorganizzazioni e delocalizzazioni di servizi, finalizzati a creare risparmi e semplificazioni nel settore ma che quasi sempre si sono ridotte a diminuzioni di personale (il metodo più facile per fare risparmi di bilancio) e che hanno creato enormi carenze organizzative che sono andate ad incidere profondamente e negativamente sulla vita lavorativa dei colleghi. Colleghi che sempre più spesso si trovano ad avere responsabilità anche penali, che non sempre competerebbero a loro e che possono sfociare anche in pesanti sanzioni pecuniarie. L’accusa che viene principalmente mossa ai colleghi in queste situazioni e che essi siano a conoscenza del reale valore e/o della rischiosità dei prodotti che vendono, ma che tacciano pur di raggiungere gli obiettivi di vendita imposti dalle Direzioni delle Aziende.
Ma la prova che i colleghi sono quasi sempre artefici inconsapevoli è che molti di loro sono rimasti vittime essi stessi di questi prodotti, acquistandoli in proprio e consigliandoli anche ad amici e parenti! Il nostro settore è uno dei più tartassati dalle pressioni commerciali, tanto che la FABI, insieme alle altre organizzazioni sindacali di settore, si è battuta strenuamente per arrivare a sottoscrivere con ABI un accordo che andasse a regolamentare e ad arginare il sistema delle pressioni commerciali. Tali eventi mostrano ancora una volta come sia indispensabile creare un sistema con controlli più stringenti a tutela dei risparmiatori. È altrettanto chiaro però che a pagare il prezzo di queste vicende non possono essere i clienti e i lavoratori.
La segreteria provinciale
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