“Cari ragazzi, in bocca al lupo per il vostro esame di Stato”
"Vi sono piaciute le mie lezioni? Alle volte preoccupato di non riuscire a stimolarvi mi sono spinto forse anche oltre. Me lo avete perdonato? Di voi perdono tutto. Siete degli adolescenti, non posso pretendere la perfezione. Chiedo scusa se ho sbagliato una parola, un gesto, una valutazione. Chissà se fra vent’anni, incontrandoci per strada, ci riconosceremo. Sicuramente mi ricordo tutto di voi. Se chiudo gli occhi vi vedo: genitori, lavoratori, a lottare quotidianamente con le piccole (grandi cose) della vita. In quanti porteranno avanti la lingua di Goethe? Forse nessuno. Pochissimi. Ma ora so che quello che abbiamo vissuto ci accompagnerà per il resto della vita". Lettera del prof. del Cecioni Daniele Massei ai suoi studenti
Cari ragazzi, anche questo anno scolastico è andato. L’ultima campanella ha consegnato alla storia dei nostri ricordi, quelli di voi studenti e quelli di noi docenti, un anno che entrerà a far parte dei posteri del cuore, con quelle stagioni fatte di compiti e interrogazioni, all’insegna di crisi emotive e improvvisi slanci di rinascita, che alla fine entrano a far parte di noi con gioia perché ci fanno crescere accompagnandoci in quel viaggio di nome vita. E chissà se fra vent’anni, incontrandoci per strada, guardandoci negli occhi, ci riconosceremo e ci ricorderemo ogni singolo giorno passato assieme. Sicuramente mi ricordo tutto di voi. Quando ci siamo conosciuti c’erano ancora le ceneri del Covid. Mi presentai in classe con una camicia bianca di lino e vi suonai Mozart e Beethoven su una pianola portata a fatica sottobraccio in bicicletta. Mi chiedeste se venivo a insegnare musica. Mi sforzai di farvi capire che musica dovrebbe sempre essere la vita e la scuola. E che la cultura tedesca ci sta benissimo in mezzo. Poi, verso la fine di quell’anno, vennero meno tutte le restrizioni Covid. E iniziammo a sognare un viaggio insieme. Perché quando ci si vuole bene: la cosa più bella non è viaggiare tutti assieme, uniti come dovrebbe essere questa Unione Europea di cui facciamo parte? I nostri sogni ebbero i bagliori dei raggi di sole sulle acque di un fiume. Il Meno. Il fiume di Francoforte dove, l’anno dopo, facemmo lo scambio culturale. Il fiume dove andava a pattinare negli inverni più rigidi un certo Johann Wolfgang Goethe. A proposito di letteratura: vi sono piaciute le mie lezioni? Alle volte mi rendo conto che sono così preoccupato di non riuscire a stimolarvi che nella sperimentazione didattica mi spingo forse anche oltre. Sono, per così dire, esagerato. Me lo avete perdonato? Di voi perdono tutto. Siete degli adolescenti, non posso pretendere da voi la perfezione. Spero che abbiate apprezzato le mie correzioni. Lo sapete che le lenti di un occhiale sono delle correzioni? Ho provato, a ciascuno di voi, a passare una montatura diversa. Alle volte l’avete provata e vi è andata bene. Altre volte avete avuto bisogno di tempo per convincervene. Altre volte… l’avete buttata via, reagendo male. Ma non è questo il rapporto tra un padre e dei figli? Fare l’insegnante non è il mestiere più difficile al mondo come fare il genitore? Vi chiedo scusa se ho sbagliato una parola, un gesto, una valutazione. Ma sappiate che l’ho fatto sempre in buona fede. Anche noi docenti siamo degli esseri umani con le nostre fragilità. Ma ci siamo fatti forza. Abbiamo navigato nella tempesta e siamo arrivati al quinto anno. Ancora qualche emozione con la presentazione in tedesco della Nona Sinfonia di Beethoven, la cui parte corale è stata ben eseguita dall’Orchestra Mazzini di Livorno. E poi il progetto Kafka: tutti in fila a leggere e commentare “La metamorfosi”. Ma la mia metamorfosi siete stati voi. Mi avete reso migliore come docente e uomo. Se chiudo gli occhi vi vedo: genitori, lavoratori, a lottare quotidianamente con le piccole (grandi cose) della vita. In quanti porteranno avanti la lingua di Goethe? Forse nessuno. Sicuramente pochissimi. Ma ora so che quello che abbiamo vissuto ci accompagnerà per il resto della vita. Sarà parte di voi quando inizierete a lavorare, prenderete in braccio per la prima volta un figlio, passerete le notti prima degli esami e dei concorsi… A proposito dei vostri figli: mandatemeli: li amerò come ho amato voi.
E allora sì, sarò sicuro che, fra vent’anni, quando ci incontreremo, in una frazione di secondo i nostri occhi si riconosceranno e come in una pellicola riavvolgeranno tutto in un momento di luce. Allora, forse, facendoci largo tra la folla, ci avvicineremo dandoci la mano. E, sorridendo, diremo: Qua la mano, Goethe!”.
Prof. Daniele Massei
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