Amianto a Livorno. Una triste storia che nasce prima del 2014…
Livorno è stato il porto d’ingresso di circa 15 milioni di tonnellate di amianto proveniente da paesi terzi. Dal 1957 al 1995 dal porto di Livorno è transitato il 15% di tutto l’amianto importato in Italia. Questo materiale è stato usato in grande quantità nella cantieristica navale e in numerosissimi altri settori industriali e civili. Livorno è pure la città capoluogo in Toscana con la maggiore percentuale di tubazioni d’amianto per l’acqua potabile, dopo Pisa (fonte: Autorità idrica toscana).
In una città già dichiarata “sito di interesse nazionale per la bonifica” avrebbe dovuto essere una priorità per le diverse amministrazioni che negli ultimi 20 anni si sono trovate a governare la città quella di realizzare un vero piano di smantellamento e di bonifica.
Livorno risulta essere la prima provincia d’Italia per casi di tumore della pleura (mesotelioma) causato dall’amianto non da ora, ma da molti anni (fonti: Archivio regionale mesoteliomi maligni e Osservatorio Nazionale Amianto).
La questione amianto dalla metà degli anni novanta è sollevata da vari comitati e soggetti che si occupano del tema salute e ambiente. Da Medicina Democratica a Vertenza Livorno (la rete a difesa della salute e ambiente a Livorno), dai Verdi ai Cittadini Ecologisti sono arrivate sollecitazioni e ammonimenti affinché si prendessero provvedimenti a fronte dell’alto rischio legato all’esposizione dell’amianto.
I sindaci di centro sinistra hanno sempre fatto orecchie da mercante, certo non particolarmente sostenuti da chi doveva e poteva svolgere attività di controllo e di adeguata comunicazione.
Negli ultimi tempi l’attenzione al rischio dell’amianto sembra aumentata e la cosa di per sé è solo positiva.
Senza entrare nel merito e nelle motivazioni che hanno portato l’Arpat a non fare segnalazioni e comunicazioni in passato (oppure se venivano fatte come mai non erano pubblicizzate e prese in considerazione?) adesso la responsabilità di inadempienze e ritardi è di chi amministra in questo momento la città. Bene quindi chiedere spiegazioni del ritardo con cui la Giunta Nogarin ha preso provvedimenti rispetto ai necessari lavori di bonifica presso la Villa Corridi, giusto per rimanere al tema che da tempo è al centro del dibattito cittadino.
Sarebbe però necessario, per chi ha il compito di raccontare i fatti e le storie cittadine, contestualizzare le situazioni e gli episodi e magari aiutarci a capire come mai fino a due anni fa ciò che riguardava la questione salute e ambiente non era al centro dell’attenzione e delle cronache locali.
Eppure, come detto, il problema è annoso e c’è sempre stato chi, invano, cercava di denunciare lo stato delle cose.
A pensare male si farà peccato ma spesso ci si indovina e il sospetto che prima ci fosse la volontà di non disturbare il “manovratore” non può essere eliminato. Oppure magari dopo anni e anni di impegno e di attività per denunciare le nocività a Livorno e la pessima salute dei livornese si sta raccogliendo qualche frutto…
Certo è che chi governa la città adesso ha l’obbligo di fare tutto il possibile per migliorare la situazione e per non perseverare negli errori del passato (il sindaco è il primo responsabile della salute dei cittadini), quando la sottovalutazione o la negligenza su questi temi erano all’ordine del giorno: da questo punto di vista l’attuale giunta non sembra aver messo in cima alla propria agenda politica le politiche necessarie, a cominciare dall’informazione e della prevenzione. Chiediamo ancora una volta che venga fatto urgentemente.
Ma nelle analisi e nelle narrazioni non dovrebbe mai venir meno una distribuzione logica ed equa delle responsabilità. Chi governa da due anni non può avere capi di imputazione come coloro che hanno governato per decenni e che hanno scelto di fare di Livorno un “distretto delle nocività”. Si rischia davvero di costruire capri espiatori e di far passare in secondo piano inadeguatezze e incapacità di chi adesso è chiamato a governare la città.
Stefano Romboli – Direttivo Buongiorno Livorno
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