Arte. Sulle tracce di Heinrich Ludolf Verworner
Venerdì 20 settembre dalle 15.30-19.30, alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, si terrà il convegno "Germania-Toscana 1900: sulle tracce di Heinrich Ludolf Verworner"
Venerdì 20 settembre dalle 15.30-19.30, alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, si terrà il convegno “Germania-Toscana 1900: sulle tracce di Heinrich Ludolf Verworner. Capitoli inediti della diffusione della cultura artistica tedesca tra Firenze e Livorno”, promosso dal Comune di Collesalvetti, ideato e curato da Francesca Cagianelli.
Dedicato al fenomeno della diffusione della cultura artistica tedesca in Toscana nella prima metà del Novecento, con particolare riferimento alla personalità di Heinrich Ludolf Verworner (Lipsia 1864 – Fiesole, 1927), il convegno si pone come una summa bibliografica e documentaria dell’artista, ma al contempo come laboratorio di ricerca in margine a linguaggi artistici di estrema internazionalità, tramiti in Italia di quel cosmopolitismo che vide tra Firenze e Livorno la fioritura di cenacoli, sodalizi, raggruppamenti e parabole di outsider votati alle idealità del sogno e del mito.
L’obiettivo dei relatori verte dunque sulla stagione italiana di Verworner, avviatasi dapprima nel 1894 con il viaggio a Venezia, Verona e quindi Firenze, seguito dal soggiorno settignanese presso Villa Belvedere, e successivamente, nel 1901, con la definitiva residenza fiesolana, proprio nell’anno in cui scompariva Arnold Böcklin, dapprima presso Villa Martini, divenuta sede di un cenacolo frequentato tra gli altri da Carl Müller-Coburg e Carlo Böcklin, figlio di Arnold, e quindi, nel 1908, presso la Villa Gentilini di Fontelucente – “vero rifugio d’artista” secondo la definizione dell’amico Ludwig von Hofmann – restaurata secondo le indicazioni dello stesso Ludolf che addirittura vi predispose una sorta di giardino claustrale, recintato da colonne ispirate alla Loggia del Convento di San Marco.
Se del soggiorno settignanese, scandito dalla frequentazione del pittore danese Johannes Wilhjelm, restano pochissime testimonianze pittoriche, la permanenza a Villa Martini coincise con l’accellerazione dei sopralluoghi nei musei fiorentini e l’assimilazione dei capisaldi rinascimentali, dalla cupola brunelleschiana alle Cappelle Medicee, finchè, dopo la fulminazione degli affreschi pompeiani visitati in occasione dell’itinerario Roma-Napoli-Sorrento l’approdo a Fontelucente coinciderà con una vera e propria osmosi panica, interrotta tuttavia dalle vicende belliche e dal conseguente rifugio in Svizzera nel 1914, turbato da una profonda depressione e dal ricovero in una casa di cura nei pressi del lago di Costanza.
Rientrati a Fiesole, nonostante il turbinio di drammatiche congiunture intervenute a seguito del sequestro della villa di Fontelucente, Ludolf e la moglie Charlotte riescono a sublimare le loro ansie, quasi rapiti dall’incantesimo degli scenari di boschi e specchi d’acqua che gli infondono “uno strano senso di felicità dolorosa”: precognizione del suicidio avvenuto il 14 gennaio 1927.
Sarà Caterina Del Vivo, già responsabile dell’Archivio Storico Gabinetto Vieusseux, Firenze, autrice del saggio “Gli anni preziosi di Ludolf e Charlotte”, pubblicato nel volume “I Verworner a Fiesole. Carte d’archivio” (Città di Fiesole, Edizioni Polistampa, Firenze 2012), a curare l’intervento dal titolo “Anni viandanti, strade boschive e bianche nuvole: la felicità dolorosa della tavolozza toscana di Ludolf e Charlotte, dedicato all’avventura pittorica di Ludolf Verworner che si intreccia con il suo percorso biografico e con il profondo legame con Charlotte Spinn”, coinvolgente quanto malinconico e venato di mistero. La delicata e fragile sensibilità di Charlotte emerge dalle lettere giovanili come dai versi e dagli appunti biografici dedicati al marito dopo la scomparsa di lui. Durante tutta la loro vita comune, in Germania come in Toscana, iI senso panico della natura e del paesaggio toscano coinvolge la giovane che, nell’alternarsi di momenti di gioia e di ombra, sembra voler trasmettere al marito, al quale è profondamente legata, i temi, la gamma dei colori e gli smaglianti contrasti che saranno tipici della sua tavolozza.
Barbara Guidi, Conservatore Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara / Palazzo dei Diamanti intitola il suo intervento “Heinrich Ludolf Verworner. La Toscana e l’Arcadia”, con l’obiettivo di dimostrare come la vicenda artistica e biografica di H. L. Verworner non sia dissimile da quella di altri artisti di area germanica denominati Deutsch-römer che prima di lui hanno cercato di trovare, approdando in Italia, non solo un luogo, una patria ideale, ma uno stato d’animo.
In comune con questi è la sua formazione culturale caratterizzata dalla filosofia idealista (Shopenhauer, Vischer, Burckhardt, Nietzsche ecc) e dall’influsso dell’opera di Arnold Böcklin (già conosciuto in Germania e poi a Firenze, quando Verworner stringe amicizia con il figlio Carlo) e probabilmente di Hans von Marées – i due artisti che, al volgere del secolo, la critica aveva posto a prodromi di una moderna tradizione pittorica tedesca da costruire con urgenza. In Verworner però questo sostrato culturale si mescola alle suggestioni che egli aveva respirato a Parigi durante i suoi due soggiorni, nel 1890-91 e nel 1893-94, quando assai vivo era il dibattito sulla valenza linguistica del disegno e sulle modalità arcaizzanti del recupero dell’arte del passato. Questa compresenza di tendenze si risolve in Verworner con il costituirsi di una personale rilettura dell’arte classica, caratterizzata dall’incidenza del mito del Rinascimento, in particolare dell’opera di Giorgione e di Michelangelo, e delle coeve poetiche tedesche dell’Existenzmalerei, che giunge infine a una peculiare rappresentazione del sogno “edenico” in cui, attraverso un alfabeto formale ridotto “ai minimi termini”, l’artista riesce finanche a trascendere la singolarità della sua individuale vicenda biografica in una visione ‘universale’.
Andrea Muzzi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, interverrà con un contributo esteso all’indagine delle tendenze spiritualistiche dilaganti nella Toscana primonovecentesca, dal titolo “Istanze di teosofia e d’arte nella Firenze di Verworner”. Non è ancora molto noto il ruolo della Teosofia nella vita culturale di Firenze fra Otto e Novecento, in particolare per il mondo delle arti figurative, segnatamente per autori di origine non italiana che si erano stabiliti nella città alla ricerca di qualcosa che andava oltre l’ispirazione del mondo rinascimentale. In Europa tale rapporto fra arte e Teosofia incise nella mente degli artisti con conseguenze profondamente diverse, dal Simbolismo più carico di suggestioni, all’Astrattismo. Per la situazione fiorentina però possiamo incominciare a tracciare degli itinerari di ricerca che inevitabilmente devono prendere spunto dalla presenza, per certi versi misteriosa, in linea con il suo pensiero, di Elena Blavackaja (1831-1891), la fondatrice della Teosofia, che lasciò il segno nella linea critica di Margherita Albana Mignaty, appassionata scrittrice di origine greca e animatrice di uno dei salotti ottocenteschi del capoluogo toscano. Seguendo il filo di questi pensieri la linea stilistica, e la sensibilità, di Heinrich Ludolf Verworner, sembra anticipare certi esiti di Adolfo Schlatter, artista di origini svizzere e anticonformista personalità dichiaratamente legato a istanze teosofiche, e merita una indagine che tiene conto di tale orientamento.
Francesca Cagianelli, Storica dell’Arte, Conservatrice della Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, conclude il convegno con l’intervento dedicato a Carlo Böcklin, figlio di Arnold Böcklin, architetto, pittore e illustratore amico di Heinrich Ludolf Verworner e artefice della lapide del suo monumento funebre nel Cimitero degli Allori: “Il nuovo stile di Carlo Böcklin tra Firenze e Livorno: cronaca di una degermanizzazione”.
Da oltre 13 anni dedita al censimento dello storico Caffè Bardi, e artefice di scoperte iconografiche e documentarie di consistente valore storiografico relative a personalità assolutamente inedite quali Mario Pieri-Nerli, Umberto Fioravanti e Gabriello Gabrielli, coinvolte dall’eco dell’immaginario böckliniano, Francesca Cagianelli ha reperito nell’Archivio Romiti, e quindi pubblicato per la prima volta nel 2014, due caricature che attestano la presenza di Carlo Böcklin nel circuito del Caffè Bardi, epopea artistica quest’ultima da cui si diparte l’intervento scientifico previsto in quest’occasione, esteso tuttavia oggi a personalità dell’entourage toscano primonovecentesco quali Augusto Bastianini, Silvio Bicchi, Natale Faorzi, Filippo Marfori-Savini, protagonisti dell’impresa editoriale “La Venere Agreste”, firmata da Ferdinando Paolieri nel 1908, esemplificativa di quel panismo dannunziano venato di contaminazioni simboliste.
Con l’occasione sarà esposto il dipinto di Heinrich Ludolf Verworner conservato alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, “Ragazze al lago” (1920), testimonianza di un rapporto storico tra l’artista tedesco e i due Servolini, a fianco del quale verranno presentate due opere inedite: “Paesaggio svizzero”, 1898 (olio su tela, cm 50×60), cortesemente concesso da Simone Begani; “Studi di nudi femminili” (matita su carta, mm 300×400), cortesemente concesso da Maria Teresa Talarico. Sarà inoltre esposto al pubblico una rarità bibliografica: “Die Florentinische Landschaft. Toskanische Wanderungen von Carlo Boecklin und Karl Storck”, Stuttgart 1910, Druck und Verlag von Greiner & Pfeiffer.
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