Il basket livornese piange Bruno Caroti
In questa foto degli inizi degli anni 2000, serata di presentazione della Mabo Livorno a Calafuria, Bruno Caroti abbraccia un giovanissimo Federico Buffa. A sinistra Giacomo Niccolini, caporedattore di QuiLivorno.it, e a destra Francesco Marinari, giornalista de La Nazione.
A darne la triste notizia è la FIP Toscana tramite un post lasciato sulla propria pagina Facebook.Insignito nell’anno 2015 della Stella di Bronzo Coni al Merito Sportivo è stato anche componente del Comitato Provinciale Fip di Livorno. Il ricordo: "Sempre presente e disponibile, buono come il pane appena sfornato e con una risata sincera che coinvolgeva. Addio Bruno ci mancherai"
Ci ha lasciato all’età di 8o anni Bruno Caroti prima segretario della società Basket Livorno e poi presidente di Basket Femminile Livorno. A darne la triste notizia è la FIP Toscana tramite un post lasciato sulla propria pagina Facebook. “Lo ricordiamo da sempre appassionato di pallacanestro e persona sempre disponibile, in particolare verso i giovani atleti. Insignito nell’anno 2015 della Stella di Bronzo Coni al Merito Sportivo è stato anche componente del Comitato Provinciale Fip di Livorno. La Fip Toscana insieme a tutto il movimento regionale si stringe attorno alla famiglia di Bruno Caroti in questo doloroso momento”.
Nella vita è stato direttore della filiale di viale Ippolito Nievo della Banca commerciale italiana. Poi una volta in pensione si è dedicato al suo grande amore: il basket, a cui ha dato tutto. Anima e cuore. E ore di passione.
I funerali si terranno venerdì 9 giugno, alle 11 nella cappella della camera mortuaria dell’ospedale di Livorno.
Il ricordo del caporedattore Giacomo Niccolini – “Biglietti… e ‘un ce n’è”. Ti ricordo così… tu davanti a me in quella scrivania bianca e doppia con il telefono a cornetta sempre in mano a rispondere ai tanti che chiedevano un biglietto last minute e tu, come frase di principio, scherzando, dicevi sempre così. Poi ridevi. E si apriva un mondo. Con quella risata vera e sincera. E il biglietto poi, alla fine, lo trovavi per tutti. Mica era vero che non c’erano più. Ma tu eri così.
E noi l’uno davanti all’altro. Per due anni interi sei stato il mio pomeriggio di via Pera, sede della Mabo Livorno. Io avevo appena 21 anni. Il più giovane addetto stampa d’Italia nel panorama del basket professionistico, scelto e voluto da Massimo Faraoni che, ancora una volta, anche in questo campo, puntò su di un giovanissimo.
Tu, il gufo saggio, il mio vero punto di riferimento. Il grande Brunino. Capello bianco, occhiale d’ordinanza da vista con montatura nera. Maglietta polo d’estate con colletto e maglioncino girocollo con camicia d’inverno. Semplice e buono come il pane appena sfornato, come la schiacciata del Nencioni che ogni tanto ti portavo su quella scrivania per fare merenda insieme. Nella stanza accanto c’era Aldo Savi che ogni tanto interveniva perché si faceva troppo casino noi due “di là”.
Due stagioni intere gomito a gomito. A guardarci in faccia. A parlar di basket e di giocatori. A fare pronostici e a programmare le partite in casa la domenica. Mi hai insegnato tutto, sai? A come si fa una cartella stampa, a come si fanno le fotocopie, chi chiamare, come chiamare, cosa fare, come disporre la tribuna stampa, come gestire le interviste ai giornalisti, a come gestire gli ospiti in tv. Mi hai insegnato il grande mondo del lavoro. Ma soprattutto mi hai sempre trattato come un amico. Sin dal primo giorno. E ci prendevamo in giro. Su tutto. Te mi chiamavi “Telebano” perché avevo rapporti con le redazioni e le televisioni e una barbetta incolta da studente ribelle di Lettere. “Vieni, ecco il Telebano”. E io ti facevo il verso ricalcando quel tuo tipico e inconfondibile accento. Ce l’ho ancora in testa. E poi quella sera mitica con Federico Buffa a Calafuria per la presentazione della squadra. Questa foto che oggi metto qui in pagina per ricordarti. Insieme a noi anche Francesco Marinari, oggi affermato giornalista de La Nazione, ai tempi tifoso sfegatato della Mabo. Quella sera eravamo al tavolo insieme con quello che di lì a qualche anno avrebbe conquistato i teatri di mezza Italia e le prime serate Tv con le sue narrazioni eroiche di gesta sportive. Quella sera era un ragazzo come noi. Uno che amava il basket, proprio come te. In questa foto ci abbracciamo divertiti al termine di una serata fatta di salmastro e grandi speranze per un basket che di lì a poco naufragò, ancora una volta come spesso è accaduto a Livorno. Una foto fatta come ai vecchi tempi. Come quelli in cui eravamo faccia a faccia. Quando salivo le scale del fortino di via Pera e ti trovavo lì, sempre al tuo posto. Giorno e notte. Sempre presente. Dietro quella porta blu… Bruno. E ora? Chi ce lo dirrà che i biglietti… e un ce n’è? Io provo a chiamarti ogni tanto, eh. Te vedi, come sempre, di trovarmene uno. Magari uno. Lo so che ce la fai… Grazie Bruno.
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