Il baseball piange Grappolini: “Addio Franco, decano del diamante”
Franco Grappolini è stato uno dei maestri del batti e corri toscano e italiano. Tecnico e allenatore di molti giovani prospetti ha vissuto per questo sport. Per chi volesse dare l'ultimo saluto a Franco Grappolini la salma sarà esposta mercoledì 21 e giovedì 22 mattina alla Pages Pubblica Assistenza in via Italo Bargagna, 2 a Pisa
Franco Grappolini era uno di quelli che non si possono scordare. Uno di quelli che ha sempre dato più di quanto ha chiesto. Senza per questo scomporsi. Franco è stato per tutti un punto di riferimento e un vero e proprio uomo di baseball. Fatto di baseball, condito e farcito di baseball, uno che al posto del sangue aveva terra rossa nelle vene. Franco Grappolini ha dedicato l’intera sua vita al Grande Gioco in tutte le sue forme possibili e immaginabili. Grossetano di nascita ma, specialmente negli ultimi anni della sua vita, livornese e anche un po’ pisano di adozione. Franco era un vero e proprio maremmano nel bello e nel brutto, nel bene e nel male. Carattere spesso ruvido e spigoloso fuori dal campo ma sempre schietto e sincero e con la battuta pronta e con un consiglio buono, e valido, per tutti. Tecnicamente uno dei maestri per eccellenza del batti e corri toscano, ha insegnato a generazioni di ragazzi che sognavano la Major League all’ombra del Pelagone o dello Jannella a Grosseto, il tempio del baseball toscano per molti anni.
Colpito da un tumore contro il quale ha combattuto davvero stoicamente, Grappolini si è arreso, all’età di 75 anni, soltanto nella giornata di martedì 20 dicembre, a pochi giorni dal Natale. Insieme a Virgilio Perra aveva intrapreso l’avventura di riportare il baseball all’ombra della Torre Pendente dopo un periodo prettamente labronico dove si era riapprocciato alla panchina dei “Mori”. A Pisa con la squadra de La Cella, vero e proprio serbatoio verde per il Livorno Baseball, insegnava ai ragazzini questo magnifico sport fatto di tattica ed esplosività, di cervello e muscoli. A Livorno è stato parte integrante nel progetto di rinascita delle casacche amaranto entrando di diritto nei cuori e nella grande famiglia voluta e creata anni fa da Alfredo Sisi.
Lascia la moglie Maria Pia e i figli Alberto e Simone, anche loro, appassionati di baseball, passionaccia ereditata da babbo Franco sin da piccoli.
“In campo era un vero e proprio nonno con i bimbi – ricorda commosso Virgilio Perra – ha avuto l’entusiasmo di rimettersi in gioco per riportare il baseball a Pisa dove nell’ultimo periodo si era trasferito. Quando lo vedevo giocare e allenare i suoi ragazzi io mi dicevo che non potrò mai essere come lui per le sue enormi doti umane che metteva in campo con i suoi piccoli giocatori”.
Per chi volesse dare l’ultimo saluto a Franco Grappolini la salma sarà esposta mercoledì 21 e giovedì 22 mattina alla Pages Pubblica Assistenza in via Italo Bargagna, 2 a Pisa.
Il ricordo di Giacomo Niccolini – Franco Grappolini era un nome, ma soprattutto un cognome. Senza tante storie. Punto. Uno di quei miti indiscussi. Una personalità. Già che era grossetano. E ai tempi i grossetani incutevano timore solo perché venivano da lì. Poi era una figura statuaria. Alto, dallo sguardo acuto e a volte torvo, con il volto attento. Uno che sembrava leggere pure il vento che soffiava. Me lo ricordo da avversario. Sempre da avversario su quella panchina dove ha allenato i più grandi prospetti del baseball azzurro con il suo Bbc Grosseto. Nove volte su dieci l’ha vinta lui. Ma una volta lo sgambetto glielo abbiamo fatto noi. Partita Under 21. Io sul monte di lancio. Lui schierò il migliore sul suo mound. In tutti i sensi. Quello che di lì a poco sarebbe stato il faro del monte di lancio della nazionale senior: Riccardo De Santis. Un maremmano di un metro e novanta con una palla dritta fin troppo veloce per essere vista da noi pischelli fatti di infradito e nipoti di Don Tigre e di quel baseball raccattato dagli americani tanti anni prima. Eppure quella volta a Franco gli giocammo un brutto scherzo. La partita fu tiratissima. Sentivo i suoi occhi su di me dall’altra parte della barricata ad ogni strike che mettevo. Da una parte lui e dall’altra l’altro dio del baseball labronico, Otello Cavallini, che sbraitando e incitandoci ci stava conducendo ad una vittoria inaspettata. Al termine di una partita epica la spuntammo per 2 a 1 con un mio punto finale. Mi ricordo che mi venisti a cercare tra tutti mentre festeggiavamo. Mi abbracciasti e mi dicesti: complimenti Nicco, questa l’hai vinta te. Ti costò tanto dirlo, lo so Franco. Avresti mangiato una zuppa di palla prima di perdere così. Ti conosco. Ma fu soltanto una volta. E anche quella volta uscisti dal campo fiero e a testa alta per aver fatto divertire un sacco di persone con quel meraviglioso gioco del baseball e quel modo tuo di insegnarlo. Unico. Che mancherà a tutti. Come i tuoi sorrisi quando vincevi. E le tue strette di mano… quando andava male. Addio Franco, saluta tutti i più grandi che ti attendono dietro a quel granturco… so che ora vi divertirete un sacco.
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