Il poeta d’oro, mostra dedicata all’artista Giuliano Scabia
La mostra, ambientata nel Palazzo dei Priori di Volterra, con foto, disegni, poesie, pubblicazioni, costumi, oggetti, pupazzi piccoli, totem giganti, cantastorie, video, ambienti che ricreano le suggestioni poetiche di Scabia, è pensata anche per la fruizione delle scuole. La mostra resterà aperta al pubblico fino al 26 febbraio 2023. Inaugurazione venerdì 16 dicembre ore 16
Venerdì 16 dicembre, ore 16, Sala espositiva sottotetto del Palazzo dei Priori a Volterra, inaugurazione della mostra Il poeta d’oro. Il gran teatro immaginario di Giuliano Scabia. Una grande esposizione dedicata all’artista, poeta e scrittore scomparso nel 2021 con foto, disegni, poesie, pubblicazioni, costumi, oggetti, piccoli pupazzi, totem giganti e cantastorie arricchiti da contributi video e sonori, che ricreano le suggestioni poetiche dello scrittore e drammaturgo, regista e romanziere, affabulatore ed esploratore dell’immaginario, provando a ricostruirne le idee e le azioni rivoluzionarie.
A cura di Andrea Mancini e Massimo Marino. Prodotta dal Comune di Rosignano Marittimo, Fondazione Armunia, Fondazione Giuliano Scabia.
Realizzata a Volterra dal Comune di Volterra con la collaborazione della Cooperativa Itinera.
La mostra resterà aperta al pubblico fino al 26 febbraio 2023
Giuliano Scabia (1935-2021) è stato poeta, drammaturgo e regista, romanziere e affabulatore. Dagli inizi degli anni sessanta ha rotto i canoni della tradizione teatrale, dilatando la scena, praticando un teatro a partecipazione che è andato nei manicomi (suo è Marco Cavallo, divenuto simbolo della liberazione psichiatrica), in paesi della montagna e della pianura, in quartieri periferici e centri storici di città, in festival internazionali. Ha insegnato per più di trent’anni al Dams di Bologna, mettendo alla prova nei suoi corsi testi e convenzioni teatrali (il libro Scala e sentiero verso il paradiso, pubblicato postumo dalla fiorentina La casa Usher, documenta questo percorso). Ha portato il suo teatro, le sue poesie, brani dei suoi romanzi in boschi e in altri luoghi non usuali; per anni ha alimentato un dialogo segreto tra un paese dell’Appennino reggiano, Marmoreto, e un gruppo toscano, quello della Briglia di Vaiano. Ha instaurato un rapporto particolare con il territorio di Rosignano Marittimo, dove ha compiuto alcune “passeggiate teatrali con poesia” e dove ha rappresentato, a Castiglioncello con persone del luogo, l’ultimo suo testo teatrale, La commedia della fine del mondo. La mostra, ambientata nel Palazzo dei Priori di Volterra, con foto, disegni, poesie, pubblicazioni, costumi, oggetti, pupazzi piccoli, totem giganti, cantastorie, video, ambienti che ricreano le suggestioni poetiche di Scabia, è pensata anche per la fruizione delle scuole. Vuole mostrare i molti lati dell’attività di questo poeta, che iniziò la sua carriera firmando i testi per La fabbrica illuminata di Luigi Nono, che scrisse la pièce da cui si fa nascere l’avanguardia teatrale italiana, Zip (1965), che si è fatto guidare nel suo impegno creativo da una frase di Gombrowicz, “Colui con cui canti modifica il tuo canto”, considerando il teatro un viaggio di conoscenza all’interno di sé e verso il mondo. All’ingresso del Palazzo dei Priori e per le scale si incontreranno alcuni “giganti” di Scabia” e alcuni dei suoi cantastorie.
1. Il poeta albero
“Una signora impressionante / la poesia”
L’attività di Scabia è stata segnata in modo continuativo da un’ispirazione di poeta attento a decifrare “le lingue” del nostro tempo. In questa prima stanza saranno raccolti documenti dei primi anni, riuniti intorno all’Albero dei Poeti. Si racconterà la formazione, l’impegno sociale tra Padova, Venezia, Milano, l’incontro con la fotografa Lisetta Carmi e con il compositore Luigi Nono che porta a creare Diario italiano e La fabbrica illuminata, l’insegnamento al Convitto Rinascita di Milano, scuola fondata dai partigiani. Saranno esposti soprattutto materiali tratti dai lavori poetici, con forti esiti visivi.
2. La dilatazione del teatro e il teatro nello spazio degli scontri
Tra il 1965 e il 1973 Scabia si dedica al teatro, forzandone i canoni, facendo esplodere la scena, dilatandolo fino a trasformarlo in creazione collettiva nei quartieri metropolitani, con i bambini, in paesini, campagne, zone industriali. È uno dei “padri” dell’“animazione teatrale”, anche se alla fine degli anni settanta prenderà le distanze dagli esiti più scontati, dalle formule ripetitive in cui quel movimento si impantana. Scrive vari interventi di politica e teoria teatrale, partecipando attivamente al Convegno di Ivrea del 1967. Non abbandona mai la scrittura per la scena, da Zip, allestito con la regia di Carlo Quartucci e attori come Leo de Berardinis, Claudio Remondi, Cosimo Cinieri, a Interventi per la visita alla prova dell’Isola purpurea di Michail Bulgakov al Piccolo di Milano, a Scontri generali alla Biennale di Venezia, a Commedia armoniosa del Cielo e dell’Inferno e a Fantastica Visione, tutte commedie del ciclo del Teatro Vagante. La sala presenterà manifesti, disegni, story-board, foto, partiture vocali, oggetti e altri documenti.
3. Il Paradiso terrestre di Marco Cavallo con il drago di Montelupo Fiorentino e altre apparizioni
In questo ambiente si ricostruisce il Laboratorio P, realizzato nel 1973 presso l’Ospedale psichiatrico di Trieste diretto da Franco Basaglia, un primo esperimento di teatro nei luoghi dell’esclusione psichiatrica, uno spazio libero dove fu inventato, con malati, medici, infermieri, Marco Cavallo, totem azzurro e gigante della necessità di liberazione. Viene ricostruito il Paradiso terrestre di Marco Cavallo, foresta di oggetti pendenti, proiezioni dei desideri dei malati. Si ripercorrono con foto, documenti, oggetti, libri scritti a mano e disegni anche altri momenti dell’impegno immaginativo di Scabia al fianco della psichiatria democratica. Tra gli altri, il Drago i Montelupo, nato nell’Ospedale psichiatrico giudiziario.
4. Il Gorilla Quadrumàno e la ricerca della “Vera storia”
All’università di Bologna con gli studenti mette in scena, come ricerca sulla cultura di base e sulle “radici”, il “teatro di stalla” che i contadini recitavano tra fine Ottocento e primi del Novecento nella Bassa reggiana. Con Il Gorilla Quadrumàno, con Il brigante Musolino, con fantocci giganti, cantastorie, burattini e altri materiali porta gli studenti in un viaggio meraviglioso tra Appennino, quartieri di periferia, festival internazionali (Nancy). Incontra col Gorilla Gianni Rodari, Tullio De Mauro, Gianni Celati e molti altri intellettuali. In questa esperienza il favolistico, il comico, l’immaginazione entrano nella sua ricerca teatrale, fino a quel momento principalmente orientata a domandarsi il senso del teatro e di un nuovo teatro politico. A Mira, per la Biennale di Venezia, con il suo Teatro Vagante, un carretto fiorentino con praticabili, va in cerca della “Vera storia” del territorio, prendendo in prestito il titolo da un poema sulla Resistenza scritto a un merciaio ambulante a Vaglie di Ligonchio. Nella sala si vedranno cantastorie, fogli volanti, fotografie e altri oggetti.
5. La città immaginata, il bosco, gli animali, il Diavolo e il suo Angelo
Dal soffitto pendono mongolfiere di carta, per ricordare una delle azioni create con gli studenti nella Bologna appena sconvolta dal “carnevale tragico” del Settantasette. In un canto si vedono i costumi del Diavolo e il suo Angelo, con i quaderni vergati a mano delle Lettere a Dorothea, spettacoli con cui Scabia si è messo in scena in prima persona dal 1979 a metà degli anni novanta girando per paesi città campagne. In un altro canto starà il suo Teatro Vagante di cartapesta, barca, caverna, cigno, lago, luogo di apparizioni. Alle pareti immagini di spettacoli creati in vari luoghi, anche in boschi, radure, o con camminate nella natura, per esempio, nel territorio di Castiglioncello, per i boschi, lungo l’acquedotto del Poggianti. Si racconta di corsi universitari anomali, di azioni nelle città e del suo teatro “con bosco e animali”. Scabia mette in questione le trasformazioni del mondo contemporaneo, cercando strade per rendere possibili forme di (temporaneo) “paradiso” in terra: ricerca sui corpi, sui racconti, sui rapporti con la natura e le bestie, sul teatro come viaggio, intrecciando e proseguendo nel tempo rapporti “segreti” con piccole comunità. I suoi corsi all’università diventano ricerche aperte sulla forma del teatro, della città, della formazione, della festa, con domande nate “a specchio” della sua attività esterna.
6. L’eterno andare, Nane Oca e il ritorno di Orfeo
Qui si racconta la sua svolta narrativa, materializzata da due cicli romanzeschi. L’eterno andare è il primo, storia romanzata della sua famiglia con fantastiche apparizioni di un diavolo e un angelo “borghesizzati” e la domanda su come si vinca la morte e si ritrovino le persone care. Parallelamente a quei romanzi, illustrati dallo stesso autore, si sviluppa l’epopea di Nane Oca, ambientata nel “Pavano antico”, saga dialettale e paesana che esplora radici popolari con ironia favolistica e con sguardo capace di radiografare, con immaginazione, i nostri tempi di smemoratezza e globalizzazione. Parallelamente, dalla fine degli anni novanta, Scabia attua un deciso ritorno alla poesia. I racconti, i versi, i poemi diventano sempre performance narrativa, le parole scritte vengono vivificate nella voce e nel corpo da questo affascinante affabulatore. Nella sala si vedranno disegni, mappe, pagine, calligrammi, foto di narrazioni in pubblico e l’Albero dei poeti rari (di cartapesta).
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