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“A tutte le mamme che come me hanno perso la loro “Ginevra” dico non siete sole”

Domenica 9 Ottobre 2022 — 19:17

La lettera inviata da Deborah che, spiega, ha partorito la sua seconda figlia senza vita al quinto mese di gravidanza a causa di un aborto spontaneo. "Vorrei proporre un’ala distinta nel reparto per non stare a contatto con chi, senza cattiveria o invidia, avrà la fortuna di partorire un bambino con un cuore che batte. Ringrazio di vero cuore ogni medico ostetrica e operatore per l'empatia"

Pubblichiamo la lettera di una lettrice che, spiega, ha partorito la sua seconda figlia senza vita al quinto mese di gravidanza a causa di un aborto spontaneo, inviata, scrive, affinché “le alte cariche possono prenderla in considerazione e altre mamme dalla simile esperienza sapere che non sono sole e che non è un argomento tabù. Il giornalismo è informazione, ma alle volte, solo rare volte ai tempi d’oggi, può essere anche fonte di conforto”

Nei primi giorni di ottobre mettemmo al Mondo nostra figlia e in quello stesso momento la perdemmo. Un parto indotto, la paura dell’ignoto, la consapevolezza che non avremmo mai ascoltato quel suo dolce pianto come Inno alla Vita. Eppure c’era la Vita, era lì, racchiusa in Lei, nei sogni, nella speranza e nei progetti di due genitori che volevano solamente amarla. Ero incinta quando all’improvviso partorii e allora non lo fui più, ma non ero nemmeno una madre. Eppure io madre di quella bambina continuo a sentirmici. Li chiamano “figli meteora”, per indicare tutti quei “bambini di breve presenza” ma comunque luminosi, fonti di gioia e meraviglia, anche solo per poco. Come le stelle cadenti. Ma di “cadente” non hanno niente, credetemi. Loro se ne vanno, si staccano da quello che sarebbe stato il loro posto nel Mondo e vanno a illuminare tutto intorno, danzando dall’alto. La nostra piccola Ginevra la immaginiamo così, una bellissima meteora luminosa. E per quanto ancora oggi possa essere un argomento tabù, di meteore di fugace splendore ce ne sono molte. Vi sarà capitato di incontrarle nella notte di San Lorenzo o in un qualsivoglia giovedì sera alzando i vostri occhi al cielo. Ed ogni volta che ne vedrete una, per favore, sorridetele con amore. Abbiamo letto della carenza di personale e posti letto fino alla riduzione dei reparti. Ma degli aspetti più piccoli ma non per questo non importanti, nessuno ne parla. Una donna che subisce un aborto spontaneo è costretta a partorire nel reparto di ostetricia di Livorno, ciò comporta vedere donne incinta e ascoltare frequentemente i neonati emettere quel dolce pianto. Per quanto tu, se sei “favorita”, possa usufruire della stanza singola, sei comunque consapevole di ciò che ti circonda, il che rende – a livello psicologico – la circostanza ancora più dolorosa. Vorrei comunicare – a chi di dovere – che dovrebbe essere creata un’ala distinta, affinché una donna che ha subito un aborto non debba stare a contatto con chi – senza cattiveria o invidia – avrà la fortuna di partorire un bambino con un cuore che batte. Ricordatevi sempre che se hai un aborto spontaneo (a qualsiasi mese di gestazione) o se il tuo bambino non sopravvive al parto, hai comunque perso un figlio e quel dolore te lo porterai dentro per l’eternità. A tutte quelle persone che hanno perso la loro “Ginevra”, non siete sole.

Definirsi “medico”, oltre la professione (questa parte è stata aggiunta da Deborah nella serata del 9 ottobre)

Per essere un buon medico non basta solo una Laurea ad honorem. Prima di tutto devi essere medico “di cuore”, e per considerarti tale è necessario avere la giusta sensibilità, materia che non si può né insegnare né imparare all’università. Il medico non si deve porre davanti al paziente, ma al suo posto: solo così si può notare l’insorgere naturale dell’empatia. Empatia, che rara abilità. Eppure esiste, ve lo assicuro. Personalmente l’ho riscontrata nei reparti di ostetricia e ginecologia. La mia dolorosa esperienza è stata alleviata dalla bontà d’animo, dal rispetto e dalla presenza costante di ogni singola/o ostetrica/o, col loro saper ascoltare e cercare di limitare la mia sofferenza. Per questo motivo vorrei ringraziare di vero cuore ogni singolo medico del reparto: ostetriche, anestesisti, il Dottor Ninni, il Primario Dottor S. Abate e la Dott.ssa Elena Wust.

Deborah

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