Lettera di un babbo bis dalla sala parto
Sono diventato babbo per la seconda volta e dopo la lettera di un babbo dalla sala parto nel 2018, a grande richiesta (?) scrivo la lettera di un babbo bis dalla sala parto
Sono diventato babbo per la seconda volta e dopo la lettera di un babbo dalla sala parto nel 2018, a grande richiesta (?) scrivo la lettera di un babbo bis dalla sala parto.
Torno quindi al 31 gennaio 2021: Matilde, si chiama così, è nata con un parto naturale e quindi l’ho vista nascere. Tommi è nato con un cesareo e, va da sé, in sala operatoria. E’ stato un parto veloce quello di Mati (veloce per me, provate a dirlo alla mamma…). Dall’arrivo in sala parto le contrazioni, “quelle che ci piacciono” direbbero le ostetriche, si sono manifestate praticamente subito tanto che ricordo ad un tratto di essermi messo a contarle con l’orologio. “Una ogni due minuti. Una ogni due minuti”. Non solo: ho tenuto persino il ritmo con il respiro. “Arriva”, la mamma alle ostetriche. “Respira, respira e butta fuori”, le ostetriche alla mamma. E io a me stesso: “Ok respira e butta fuori”. “Mettiti qui se te la senti” mi dicono ad un certo punto. “Ok”. In pratica si tratta della seggiola (non la poltrona) quella tonda vicina vicina al letto. Il momento della anestesia richiesta dalla mamma non l’ho vissuto da dentro: ti chiedono di aspettare fuori. Ma io con l’orecchio ho continuato nel mio compito, non richiesto, di contatore di contrazioni. Regolari, anzi a tratti mi è sembrato di contarne una ogni minuto. E già che c’ero ne ho approfittato per ripassare le bellissime lettere appese nel corridoio scritte da neo mamme di ringraziamento al personale sanitario. Lettere che, detto per inciso, sottoscrivo.
Rientrato in sala parto, dopo l’anestesia, la nascita di Matilde è arrivata presto. “Eccola, eccola. Spingi. Ancora una”, l’ostetrica Cecilia alla mamma. Io mi sono fatto forza dicendomi: “Voltati, piano, ma girati”. Prima la testina e poi in braccio alla ostetrica. “Ueeeee”. La mascherina ti nasconde la bocca e il naso ma non può nascondere gli occhi. “Ce la fai? Vuoi passare sulla poltrona”. “No, no mi appoggio al muro. Ci sono”. Mi sono guardato bene dal passare davanti però avevo rotto il ghiaccio e ho pure assistito al taglio del cordone che ha fatto la mamma. Una campionessa, detto per inciso, anche stavolta. L’emozione più grande è stato il pensiero, da figlio unico, che mio figlio Tommi era appena diventato fratello maggiore di mia figlia Matilde.
ps rileggendo, dopo aver scritto questa, la lettera di un babbo dalla sala parto mi sono reso conto di avere toccato altri argomenti. Meglio, vuol dire che non mi sono ripetuto!
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