La mia vita da mamma in stand by
La lettera-sfogo di una mamma che spiega come sta affrontando questa difficile situazione: "Che poi alla fine succede come a scuola, tutti puniti per colpa di uno. E' la vita. Non la mia in questo momento"
Riceviamo e pubblichiamo la lettera-sfogo di una mamma che spiega come sta affrontando questa difficile situazione.
Ore 17,57 del 16 marzo. Io, di solito, a quest’ora lavoravo. Cinque pomeriggi su sette mi trovavo fra magliette, prezzi, vetrine, promozioni. Oggi sto tentando di piantare il rosmarino. Alessandro, mio figlio, a casa dall’asilo, ha ricevuto questo compito dalle maestre, prendersi cura di una piantina e portarla poi al rientro. Si parla del 3 aprile, meno di venti giorni. Forse. Perché non possiamo contare su una scadenza certa. Amo mio figlio, ma mi manca la mia vita. Ho scelto di lavorare, non ho scelto di stare in casa perché parliamone, oltre ad un fatto economico che non me lo permetterebbe, io comunque non potrei starci perché non ne sono capace lo ammetto. Vedo in questi giorni di quarantena forzata mamme intente a preparare dolci, a fare la pasta di sale, a colorare arcobaleni. Mi sento in colpa perché a me non riesce. Sono quel tipo di mamma che odia sporcarsi le mani, che quando vede farina in giro dà completamente di matto. Fustigatemi, non preparo minestre di verdure ma lascio che lo faccia la nonna per noi. Amo da impazzire mio figlio, però ho i miei difetti lo ammetto. E adesso sono in difficoltà. Perché la mia vita è in stand by. Sono consapevole che questo sacrificio sia fondamentale, non lo metto minimamente in dubbio e anzi mi inchino dinanzi a tutti i medici e infermieri che ci salvano la vita. Ma ognuno la vive in modo diverso. Io sto malissimo. Sto in casa lo faccio. Ma consentitemi questo sfogo. Sono una persona molto ansiosa, la reclusione è per me difficile da affrontare. Non ho neanche il cane da portare fuori a “pisciare” ogni due ore, perché sì ammettetelo, li state sfinendo. Poi tutti podisti a Livorno eh. Io sono corretta. Però mi manca l’aria, in 39 mq, in tre, soffoco. Volete forse dirmi che la viviamo tutti alla stessa maniera? Senza terrazzo, senza cortile, senza un quattro zampe da sfruttare come state facendo tutti. Vedo gli artisti cantare e gridare “io resto a casa”. Giustissimo, è proprio quello che sto facendo. Ma nella foto di instagram successiva li vedi fare un tuffo nella piscina di casa. Eh beh, anche io vorrei vivere gli arresti domiciliari così. Non è comunque bello ovvio, ma secondo me alla fine della quarantena di arriviamo in maniera diversa vuoi vedere? Non è invidia la mia, solo la semplice constatazione di una persona che lavora da tanti anni, che sperava quest’anno di poter lasciare il “buco” per poter finalmente comprare casa e si ritrova a rivedere i propri progetti nel giro di qualche giorno. Dopo, cosa c’è? Ci sarà sempre il mio posto di lavoro? Se questa città vuota che campa molto dei turisti estivi vedrà sfumare la stagione della crociere, che succederà? Si, io sono una persona ansiosa, che non ragiona quotidianamente ma vuole vedere sempre un pochino più in là. Vedo nuvole, non arcobaleni. “Andrà tutto bene”, sti ca**i vorrei dire. Quanto vorrei essere più serena, ottimista, speranzosa. Ma in questa Italia mi riesce tanto difficile perdonatemi. E mi manca il mio lavoro, tanto. Perché vedete io sono bravissima a trattare con i clienti, ci so fare. Sono precisa, lo stress del periodo natalizio non mi mette KO ma mi da una carica pazzesca. Amo organizzare il mio lavoro e quello degli altri, sono pignola, forse anche troppo. E mi manca andare a prendere mio figlio all’asilo, felice di aver usato tinte,pennarelli e di aver fatto il castagnaccio e portarlo al parco a giocare, poi a casa a leggere una storia. Quando le maestre ci hanno detto di piantare dei semini mi è preso un colpo: terra, acqua, sporco. Senza terrazzo. Muoio. L’ho fatto, l’amore per mio figlio va avanti a tutto. Ma che fatica. Scende la sera, a cena, un po’ di tv e poi a letto. Alle prime luci dell’alba apro gli occhi. Mi alzo, vado in bagno e piango tutte le mie lacrime prima che qualcuno possa vedermi. Mi manca la mia vita, manca a tutti lo so. Ma per me è più difficile da accettare, purtroppo è il mio carattere. Ne usciremo, ma dopo sarà sufficiente premere il tasto play per ritornare alla vita che avevo lasciato? E’ tremendo perché in certi momenti mi spaventa più questo che il virus in sé, ed è terribile da dire. Voglio proteggere mio figlio, i miei genitori, mia nonna. Ma la paura del futuro è più forte. Giuro che proverò a partecipare al prossimo flash mob alla finestra; ma se non dovessi riuscirci non linciatemi. Era una semplice influenza diceva qualcuno, io anche l’ho sottovalutata. Ma poi ho cominciato a fare attenzione, quando ho visto la situazione di Codogno prima e la chiusura delle scuole anche qui in Toscana poi, ho capito che il problema era reale. Peccato che qualcuno abbia scambiato questa situazione per una vacanza all’Abetone, o in baracchina rossa, regalata dallo stato. Ecco, se dovesse cambiare la mia vita per colpa di un imbecille, non so se riuscirò a stare calma. Che poi alla fine succede come a scuola, tutti puniti per colpa di uno. E’ la vita. Non la mia in questo momento. E mi sento tanto sola. Abbasso gli occhi, cavolo anche le mani hanno bisogno di una manicure urgente. No, non è necessario adesso. Ma per me lo è, sono quel tipo di donna che non esce di casa col mollettone neanche per buttare la spazzatura. Tiratemi le pietre. Mi sforzerò di vomitare arcobaleni promesso. Sesto giorno di quarantena. Il sarcasmo non mi manca, meno male.
Firmato, la mia ansia
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