Futuro!: “Ok alle telecamere ma da sole on bastano”
Gli impianti di videosorveglianza possono essere utili sia per scoraggiare comportamenti antisociali, sia per sostenere le indagini degli inquirenti, ma devono essere utilizzati con prudenza. La sicurezza è un diritto e un bene comune, ma deve essere perseguito nel rispetto degli altri diritti fondamentali, tra cui quello alla privacy.
Le telecamere potranno rivelarsi uno strumento utile, ma di certo non potranno da sole risolvere il problema di rendere più sicure e vivibili alcune aree urbane che, in questi anni, sono state interessate da una maggiore concentrazione di illegalità e degrado.
Chi intendesse colmare con le telecamere i vuoti di personale e risorse a disposizione delle forze dell’ordine, le gravi carenze di organico della Polizia Municipale, la distanza dei servizi dai cittadini, la mancanza di politiche di protezione sociale andrebbe incontro a un fallimento e a un abuso allo stesso tempo.
Fallimento perché le telecamere non possono intervenire in dinamiche sociali complesse, ma soltanto documentarne, in modo superficiale, alcuni esiti. Abuso perché il tentativo di compensare l’assenza di politiche organiche per la promozione della vivibilità urbana con strumenti di mero controllo rischia di portare a un ricorso intensivo e su larga scala, e quindi improprio, della video sorveglianza.
Il loro uso dovrà quindi essere prudente e sempre oggettivamente giustificato. Andranno utilizzate cioè soltanto nelle situazioni in cui sia stata rilevata la presenza di problemi rispetto ai quali ogni altro precedente intervento si sia rivelato inefficace. E la loro installazione dovrà essere inquadrata in piani di intervento che coinvolgano più attori istituzionali e vari settori della struttura comunale, dalla Polizia Municipale ai Servizi Sociali, dall’urbanistica all’associazionismo.
Per una città più sicura, insomma, le telecamere non bastano. Servono assunzioni che mettano in condizione la Polizia Municipale e i Servizi Sociali di essere presenti sul territorio, vicino alle persone più in difficoltà. Serve maggior coordinamento con le forze dell’ordine, intese non soltanto come strumento di sanzione e repressione, ma come terminale delle istituzioni democratiche nella società. Serve un’attenzione particolare al carcere, per garantire alle persone che vi sono recluse che la pena sia per loro davvero un’opportunità di convalescenza sociale, affinché, una volta tornate libere, esse abbiamo meno probabilità di ripetere comportamenti criminali. Serve, infine, mettere in campo un’innovativa e convinta politica di inclusione sociale e lotta alla povertà, per intervenire in modo decisivo sulle dinamiche di emarginazione che, spesso, sono alla base dei comportamenti devianti.
Andrea Raspanti e Marco Talini, Futuro!
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