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Rapina con pistola: “Dammi i soldi, ho dei figli da mantenere”

Venerdì 22 Febbraio 2019 — 10:13

Il racconto della titolare: "Il rapinatore parlava livornese e ha minacciato con un'arma la mia commessa. Fuori dal negozio un complice con il motorino acceso. Sono scappati in due, a bordo dello scooter, in direzione mare"

di Giacomo Niccolini

Fdae”Dammi tutti i soldi che hai in tasca, non è uno scherzo. Non ti farò male, ho solo dei figli da mantenere”. Poche parole pronunciate in italiano perfetto, o forse, per essere ancora più specifici, con una cadenza tipica livornese, accompagnate da una pistola puntata dritta dritta in faccia. Non cessa l’ondata di criminalità che sta colpendo Livorno in questi ultimi giorni. Quest’ultimo episodio, raccontato dalla titolare del negozio di alimentari preso di mira ieri sera dai malviventi in via Montebello “Lo Sfizio di DanyEle”, è accaduto intorno all’orario di chiusura di giovedì 21 febbraio, verso le 19.50.
“Avevo chiesto il cambio alla mia commessa perché si era sentita male mia figlia di sei anni – racconta a Quilivorno.it, intervenuto sul posto, la titolare dell’alimentari Elena Finesso di 41 anni – Così intorno alle 19,30 è venuta per sostituirmi soltanto per la chiusura e pochi minuti dopo si è presentato all’interno del negozio un uomo con il casco in testa e la sciarpa che le ha detto di dargli i soldi. Spaventata le ha chiesto se fosse uno scherzo e lui di tutta risposta ha tirato fuori una pistola dicendole che non le avrebbe fatto male e che aveva figli anche lui da mantenere“.
Il racconto di Finesso prosegue. “Così la mia commessa ha aperto la cassa e lui ha arraffato tutti i soldi che c’erano dentro. Si parla di circa duecento euro, tutto l’incasso di una giornata. Poi è corso via fuori dove ad attenderlo c’era un complice con il motorino accesso. Lui è salito al volo e sono scappati in direzione mare. Io sono stata subito chiamata dalla mia commessa e sono venuta qui in men che non si dica. A quel punto non mi era rimasto altro da fare che chiamare i carabinieri per denunciare l’accaduto”.
Non è dato sapere se la pistola fosse vera o meno. “La mia commessa ha detto che sembrava in tutto e per tutto vera. Il suo racconto parlava anche di una specie di silenziatore a tamburo installato sulla canna dell’arma da fuoco. Ma i carabinieri in questo caso sono stati chiari: non è facile riconoscere a vista una pistola vera o finta, oggi ne fanno di molto similari alle autentiche. Se il malvivente parlava italiano? Livornese. Parlava proprio il nostro dialetto. La mia commessa ne era sicura e così ha riferito anche ai militari”.

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