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La Fonderia Gambaro nel libro di Donateo

Venerdì 15 Febbraio 2019 — 00:11

Gli Amici dei musei e monumenti livornesi e Unitre Livorno presentano al Caffè del libro - Chalet della Rotonda, venerdì 15 febbraio alle 16,30 il libro di Giuseppe Donateo: La fonderia Gambaro. I maestri livornesi del ferro, edizioni Debatte

Gli Amici dei musei e monumenti livornesi e Unitre Livorno presentano al Caffè del libro – Chalet della Rotonda, venerdì 15 febbraio alle 16,30 il libro di Giuseppe Donateo: La fonderia Gambaro. I maestri livornesi del ferro, edizioni Debatte.
La storia della fonderia Fratelli Gambaro si snoda lungo settantacinque anni di vita livornese, tra il 1858, al tramonto del Granducato di Toscana, e il 1933, ormai in piena epoca fascista. Il capostipite, Giovan Battista (1782-1868) era venuto a Livorno da Sestri Ponente, con la moglie Emilia Renzoni, e qui la coppia aveva dato alla luce quattro figli, tutti maschi: Giovacchino (1815-1870), Giuseppe (1820-1899), Luigi (1823-1892) e Pietro (1832-1891). I quattro fratelli rilevano nel 1858 una piccola fonderia inglese, in via delle Cateratte, quartiere di Torretta, dopo alcuni anni trascorsi nell’attività di artigianato artistico di alta qualità, come ad esempio la produzione di eleganti lumi per abitazioni private. La storia della famiglia si interseca con quella di altre fonderie, a testimonianza di una grande vivacità artistica nella Livorno del secondo Ottocento, una città culturalmente feconda, grazie a una borghesia mercantile sempre più desiderosa di arricchire le proprie case con prodotti di assoluta eleganza.

L’attività della fonderia Gambaro si svolge nell’epoca degli architetti-ingegneri, i quali fanno del ferro fuso un prodotto di poetica figurativa da ammirare, nel contesto di quel Liberty che sarà l’incontrastato dominatore dell’arte a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Quando il Cantiere Navale e la Società Metallurgica, vale a dire due colossi dell’industria livornese, iniziarono la loro avventura, si appoggiarono alla fonderia Gambaro, e ciò dice tutto sul grande spessore di questa azienda, da cui uscirono opere che hanno fatto la storia di Livorno. Basti pensare alla copertura del Mercato delle Vettovaglie, un autentico gioiello architettonico, alle cancellate del Famedio di Montenero, alle serre delle ville Maurogordato, Morazzana e Rodocanacchi, alle cancellate dell’Accademia Navale, e a molti lavori per conto del Comune.

Giuseppe fu anche eletto due volte consigliere comunale (1881 e 1889). La seconda generazione vede i due figli maschi, Alceste ed Ernesto, prendere il timone. La fonderia lavorerà in tutta Italia e anche fuori: saranno firmate Gambaro le cancellate del palazzo del Viceré d’Egitto e i lampioni sul lungomare di Tripoli, dopo la conquista italiana.

L’azienda entrerà in crisi dopo la prima guerra mondiale. L’unico maschio sopravvissuto, Oreste, la venderà a un nipote, quindi nel 1933 arriverà il fallimento.

Giuseppe Donateo ha svolto la sua attività professionale di giornalista presso il “Il Tirreno”. Autore di libri di narrativa e poesia, ha ricostruito anche la biografia dell’attrice livornese del primo ottocento Carolina Internari. Tiene corsi di Letteratura italiana e di Storia del teatro all’Università della Terza Età.

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