Giulia neo dottoressa (con lode) con una tesi sul suo tumore
Giulia Giannone, 27 anni ancora da compiere, racconta a Quilivorno.it la sua impresa. Dalla diagnosi di tumore al pancreas fino alla laurea magistrale, raggiunta con il massimo dei voti, con una tesi che spiega come battere il suo male
Un gancio e vai al tappeto. Tutto intorno si spegne. E’ offuscato. I rumori si ovattano, i colori si impastano e la vista si annebbia. Hai 24 anni e ti diagnosticano un tumore al pancreas. Perché così si chiama. Tumore. Solo a leggerlo, a pronunciarlo, fa paura. Tremano le gambe. Hai 24 anni e una laurea triennale in ingegneria chimica in mano. Hai 25 anni ancora da compiere e tutti i profumi della vita da scartare, di cui ubriacarti. E poi arriva quel cazzotto che ti sbatte alle corde. Per un momento barcolli, vai al tappeto. E’ normale. Sei umana. Ma poi ti rialzi. Capisci che puoi far male anche te al tuo avversario. Allora le rincorse in ospedale, l’operazione e te che inizi a pianificare come batterlo quel nemico che solo a leggere il suo nome fa tremare i polsi.
E lo batti là dove non può arrivare. Lo guardi in faccia e riapri i libri, studi, guardi fuori e pensi che è bello costruire, realizzare. E capisci che non vuoi smettere, vuoi ancora inebriarti di vita, non vuoi mai smettere di farlo. E ti butti con un triplo carpiato bendata in questa nuova sfida. E dopo due anni sei ancora lì, di nuovo in piedi e stavolta alle corde c’è Lui, il tumore. Tu in mano hai una tesi per la tua laurea magistrale in “Macro and nano biomaterials for the study and treatment of pancreatic cancer” ossia una tesi sul tuo male, sul tuo avversario, e le possibili soluzioni per batterlo.
Giulia Giannone, che ha deciso di raccontare la sua storia a Quilivorno.it, lo ha guardato in faccia e ha colpito forte. In mano adesso ha una laurea con scritto 110 e lode, in testa l’alloro, sul volto la gioia di chi ce l’ha fatta e intorno tutto il bello che la vita sa offrire. L’abbraccio di mamma e babbo, di suo fratello Matteo, il sorriso di chi non l’ha mai abbandonata come il fidanzato Daniele e di chi ha fatto il tifo anche quando aveva un ginocchio al tappeto. Adesso l’arbitro ha alzato il suo braccio al cielo e tutto il palazzetto è in piedi per lei. A terra, ora, c’è il suo nemico. Giulia, 27 anni a dicembre, ha vinto. Ha vinto contro ogni pregiudizio, ha vinto contro la disperazione e ha vinto con la testa ma soprattutto con un grande cuore, di quelli che non si arrendono mai, di quelli che battono forte perché ci credono. Giulia ha vinto e la sua vittoria è un esempio per tutti. Per chi combatte e per chi è alle corde.
“Ho scoperto la mia malattia per caso. Sono sempre stata abbastanza precisa e talvolta ipocondriaca – spiega Giulia Giannone a Quilivorno.it – e così nell’ambito delle analisi per il pap test alla soglia dei 25 anni chiesi alla mia dottoressa di poter fare anche un’ecografia all’addome completa. Ed ecco la diagnosi. Un tumore al pancreas. Dopo un anno di stop dalla laurea triennale in ingegneria chimica, in cui avevo lavorato alla Continental e alla Solvay, in quell’estate del 2016 nel frattempo uscì anche il bando per la nuovissima laurea magistrale in ingegneria dei materiali “Materials and nano technology” e decisi di parteciparci con questa sentenza clinica addosso”.
Giulia però non si scompone. Per lo meno, ci prova. Dopo un colpo iniziale inizia a chiedere e a capire cosa le sia capitato. “Inizialmente quando te lo diagnosticano non è semplice da digerire – continua Giannone – Ma cerchi di capire e di non farti prendere dal panico. Il tumore al pancreas si può dividere in due tipologie: o adenocarcinoma, che tutti conoscono e che è quello letale, o quello che ho avuto io ed è meno maligno, che è il tumore neuroendocrino del pancreas quello che per esempio ha avuto Steve Jobs. A lui però, sfortunatamente, non è andata bene come a me”.
“Scoperto a luglio, a settembre del 2016 venni operata a Firenze, a Careggi – continua Giannone – Prima dell’operazione ho cercato di stare tranquilla. Mamma e babbo un pochino vedevo che accusavano la notizia. Io invece, una volta che ho capito cosa stessi affrontando, cercavo anche di scherzarci su per sdrammatizzare un po’ e per vivere al meglio la situazione. Anche perché, mi dicevo, se dovesse succedere qualcosa contro chi me la posso rifare? Con nessuno. Quindi affrontiamola al meglio”.
Ed ecco che arriva l’operazione preceduta da mille analisi e mille “tubi”. “Un’operazione di laparoscopia, per fortuna molto meno invasiva di come si possa immaginare. Si è trattato infatti, semplificando, di inserire alcuni “aghi” in pancia dall’esterno con un robot. Un intervento molto conservativo che mi ha consentito di mantenere tutte le funzionalità del pancreas grazie a quello che, tecnicamente, si chiama enucleoresezione. Poi ho iniziato il mio percorso di studi sin da ottobre. Sono stata undici giorni a casa – continua Giulia – e poi non ne potevo più. Ho voluto iniziare nuovamente a vivere”.
Finita l’iter chirurgico quindi subito di nuovo in sella. Un percorso universitario finito in due anni netti per poi chiedere, ad ottobre 2017, con coraggio e fierezza una tesi alla sua relatrice proprio sul tumore del pancreas. Alla domanda se volesse affrontare una tesi su quello che aveva avuto o sulla forma più aggressiva, Giulia non ha avuto dubbi. “Ho chiesto di poter scrivere una relazione finale sull’adenocarcinoma in quanto l’altro tipo lo avevo già avuto e, se mai si presentasse la forma maligna, per lo meno avrei già le carte in mano per provare a combatterlo grazie ai miei studi”.
Il resto è fatto di festa e coriandoli di vita. Il 4 ottobre 2018 la laurea magistrale a Pisa e la festa con gli amici alla Cantina Nardi.
Il futuro? La parte più bella di questa storia è proprio la parola in sé: futuro, cosa che Giannone ha ben chiaro in testa. “Ho vinto una borsa di ricerca a tema in ambito oncologico con Valerio Voliani, il ricercatore di 36 anni che sta combattendo il cancro a capo di un progetto targato Airc e un dottorato alla Normale di Pisa. Il mio futuro è nella ricerca. Vorrei tanto poter continuare a farla qui in Italia nonostante le mie esperienze all’estero mi abbiano entusiasmato tra Londra, Boston e il mio anno di Erasmus. Ma sono convinta che qui si possa lavorare e si possa fare tanto. E voglio provare a portare il mio contribuito qui, a casa mia dove spesso la parola tumore è considerata un tabù. Invece va vista come una cosa che esiste e che si può combattere”.
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