De Peppo: “Che si apra una nuova stagione di attenzione su giustizia e certezza della pena”
La capacità di un paese di governare i temi della giustizia, del sistema penitenziario e delle pene dei condannati è sicuramente una misura di civiltà che varia purtroppo secondo i valori e sulla percezione di sicurezza che sentono i cittadini. L’opinione diffusa fa emergere indubbiamente tutte le possibili sensazioni d’incertezza che sono state altresì recentemente enfatizzate nonostante le statistiche ufficiali ci raccontano un’indiscutibile riduzione dei reati. Il carcere, le carceri e i detenuti sono spesso argomento di un’emozionale e irrazionale idea di una punizione salvifica e un isolamento che genererebbe protezione nei confronti delle comunità attraverso l’allontanamento e l’oblio dei condannati stessi. Chi conosce a fondo il problema sa che proprio il carcere, se concepito come luogo di sola espiazione, assicura per chi lo vive, una recidiva di reati all’uscita del percorso di pena almeno del 68% diversamente dal 32% ove si siano attivate occasioni d’impegno formativo, lavorativo e trattamentale in genere. Rafforzare le misure alternative al carcere, ponendo al centro il percorso riabilitativo del detenuto tranne chi si è macchiato di delitti di mafia e terrorismo con il vaglio, caso per caso, della magistratura di sorveglianza, con l’obiettivo di abbattere il tasso di recidiva è quello che possiamo considerare il punto centrale della riforma dell’ordinamento penitenziario, basata sui lavori degli Stati generali per l’esecuzione penale voluti dal Guardasigilli Andrea Orlando. Dobbiamo ricordare che quei lavori erano partiti dopo che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sede a Strasburgo aveva puntato il dito contro il nostro Paese per la situazione delle nostre carceri che, di fatto, violavano l’articolo 3 della Convenzione per trattamenti disumani o degradanti. Le logiche della campagna elettorale non hanno aiutato il percorso di quella riforma auspicata, necessaria, indispensabile alla nostra sicurezza e coerente con l’art 27 della nostra Costituzione: “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Il Presidente della Camera Roberto Fico con grande sensibilità ha riacceso speranza sulla conclusione e attuazione della riforma in una situazione istituzionale certo incerta e difficile invitando i rappresentanti dei gruppi parlamentari a una riflessione sul provvedimento del governo e sui decreti attuativi. L’auspicio è che si apra una nuova stagione di attenzione ai temi che riguardano la giustizia per la certezza della pena e per la capacità delle Istituzioni di riconoscere che solo un sistema carcerario capace di restituire dignità ai detenuti è un sistema capace di garantire sicurezza a tutti i cittadini”.
Giovanni De Peppo
Garante dei detenuti – Comune di Livorno
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