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Goldoni, successo per il ritorno di “Pia de’ Tolomei”

Domenica 21 Gennaio 2018 — 19:35

di Claudio Fedele

Torna, dopo più di un secolo, sulle scene livornesi Pia De’ Tolomei, la tragedia lirica di Salvatore Cammarano con le musiche di Gaetano Donizetti, che fece il suo debutto il 18 Febbraio del 1837 a Venezia presso il teatro Apollo. La produzione dell’opera inaugura un ritorno operistico che strizza l’occhio al primo Ottocento musicale italiano ed al repertorio belcantistico del diciannovesimo secolo.
Ad accogliere lo spettatore a teatro è uno sfondo multimediale che ricorda le mura di un castello, una fortificazione medievale, l’ambientazione originaria del dramma che vede Pia contesa da tre uomini, ognuno dei quali con un ruolo ben preciso, sia sotto il profilo dei sentimenti che sotto quello politico: il marito Nello, di parte Ghibellina; l’amante respinto Ghino, anch’egli Ghibellino; Roderigo, il fratello di schieramento politico Guelfo.

Un triangolo umano che abbraccia tre precise e diverse sfumature d’amore: quello fraterno, su cui viene proiettato il ricongiungimento tanto atteso, venuto a mancare da molto tempo per ragioni politiche; quello del vincolo coniugale, il quale vede coinvolto l’amore di Pia e di suo marito ed infine la passione, di pura indole erotica, non espressa, ma respinta persino, che vede protagonista il sinistro e machiavellico Ghino. Sono i quattro personaggi su cui si incentra tutta l’opera e su cui si basa la tragedia, che arriverà al proprio apice nel finale con l’assassinio della De’ Tolomei.
Ad un primo impatto, se si ha dimestichezza con il materiale di partenza, sono le scenografie a intrigare e fare di questo dramma un appuntamento da non perdere, perché l’allestimento riesce a giocare sapientemente con elementi capaci di offrire suggestioni visive di alto livello. Il contrasto tra il passato ed il presente, la geometria e l’uso degli spazi sulla scena giocano a favore della storia, senza mai allontanare lo spettatore da quella centrifuga di passioni che lo travolgono letteralmente quando si entra sempre più affondo nella turpe vicenda.
Non è un’estetica barocca o invadente, fredda o priva di gusto, che vuole reclamare l’attenzione del fruitore deviandolo dall’alta qualità musicale e canora di chi è sul palco, ma una costruzione ed una realizzazione scenografica di tutto rispetto, ben orchestrata e armonizzata a dei costumi ed una gestione cromatica dei colori che, sorretta da un gioco di luci ben dosato, conferisce all’insieme quella fragilità che è insita nell’animo della protagonista.

Pia sembra quasi un personaggio che si pone al pubblico in modo passivo e sfuggente, pur dando il proprio nome all’opera; l’intera vicenda dà l’impressione costante di sfruttare la Tolomei per concentrarsi su altro, focalizzandosi maggiormente sugli eventi attorno alla protagonista che sulla protagonista stessa, che di fatto non la si vede, come si potrebbe supporre, fin dalla prima scena. Pia De’ Tolomei ci viene presentata la prima volta solo tramite una sua rappresentazione, un ritratto di Eliseo Sala, una tela di considerevoli proporzioni all’interno di una costruzione cubica di pietra sul palco, quelle mura che, metaforicamente, imprigionano la senese nelle proprie sofferenze e tormenti; il suo ingresso non è un’entrata in pompa magna, in grande stile, perché Pia ha la sua influenza sul dramma e sugli altri in misura maggiore proprio quando è assente, quando si parla di lei senza che essa si palesi sul palco. Strumento e motore di una vicenda che prende il via grazie alla presenza del fratello Rodrigo.

Andrea Cigni, in cabina di regia, ha saputo dare una sfumatura innovativa che cerca di mettere d’accordo l’identità della protagonista con la sua visione personale della tragedia, arrivando al culmine forse proprio quando, nella direzione del coro e nell’impostazione scenica che coinvolge un gran numero di personaggi secondari, riesce a dare il proprio massimo trasmettendo sempre una sensazione di compattezza e sicurezza nei contenuti che attestano una considerevole dimestichezza con la storia trattata e non solo della musica o del libretto di Cammarano.

Canto e musica, in particolare con la presenza di Francesca Tiburzi e Marina Comparato, riescono ad ammaliare e coinvolgere all’inverosimile e lo scambio di battute tra Pia e Rodrigo rimangono uno dei momenti più drammatici ed al contempo ricchi di bellezza musicale difficilmente raggiunti nel resto della storia, in forte contrasto, per atmosfere, quando di fronte a tanta devozione a salire sul palco sono i personaggi di Nello e Ghino, dove la musica, con toni cupi e aggressivi, inscena l’intrigo e il dubbio che coinvolge Pia, vittima di violenza e oltraggi, donna condannata dal suo tempo e dalla società, da coloro che professano di amarla e per estensione dal genere maschile.

Pia De’ Tolomei torna a teatro con una produzione di tutto rispetto, a cui difficilmente si può rimproverare qualcosa, vuoi per l’ardire per quanto concerne il suo allestimento, originale ed artisticamente ispirato, vuoi per la bravura del cast che comprende nomi di tutto rispetto nel panorama lirico, vuoi, infine, per un’orchestra che non lesina a farsi sentire, tanto che in alcuni momenti pare che gli strumenti abbiano la meglio sulle voci. La produzione, alla prima tenuta  a Livorno, può dirsi paga di aver riportato sulla scena un dramma che nella sua semplicità è stato reso immortale dalle parole del Poeta toscano. D’altronde, se Cammarano e Donizetti hanno trasposto in musica ed in parole la vicenda della Tolomei, sviscerandola e analizzandola al meglio, a questa produzione non pare sfuggire che l’anima della Pia è stata resa immortale dai sublimi versi di Dante, parole con cui, sotto lo scrosciare di applausi, si conclude il dramma:

“Ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfece Maremma:

salsi colui che ‘nnanellata pria

disposando m’aver con la sua gemma.”

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