Colf e badanti: redditi non dichiarati per 3 milioni. Nel mirino 75 collaboratori domestici
Le persone controllate sono, nella quasi totalità dei casi, donne provenienti dall’Est Europa (Moldavia, Romania e Russia) che si occupano della cura di persone anziane
Nell’ambito dell’operazione denominata “Alla fiera dell’Est”, le Fiamme Gialle del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Livorno hanno individuato 75 collaboratori domestici, risultati evasori totali perché – pur avendo percepito a fronte di assistenza prestata nei confronti di anziani e persone bisognose di cure fisiche e domestiche compensi annui superiori alla soglia oltre la quale la legge impone l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi – non hanno adempiuto a tale onere, evadendo così di fatto le relative imposte.
Nello specifico, il servizio è scaturito da un’attività delle Fiamme Gialle di Cecina che nel corso di un controllo fiscale hanno constatato l’impiego di due collaboratori domestici, coniugi, di origini filippine da parte di un imprenditore. Seppure regolarmente assunti per lo svolgimento dell’attività di “lavoro domestico” sono risultati inottemperanti a qualunque obbligo fiscale conseguente alla percezione degli emolumenti. Intuendo la diffusione di questo fenomeno, sono state censite centinaia di posizioni fiscali relative a collaboratori domestici fiscalmente domiciliati nell’intera provincia labronica individuati anche grazie alla fattiva collaborazione con la Direzione Provinciale dell’Inps. L’attività svolta con riferimento ai redditi percepiti nel corso degli anni compresi tra il 2010 ed il 2015 ha consentito di accertare nei confronti dei 75 collaboratori domestici, residenti nei vari comuni della provincia, la mancata dichiarazione dei redditi da lavoro dipendente per un importo complessivo di oltre 3.000.000 di euro (per una media di circa 40.000 euro ciascuno) ed un’imposta evasa di oltre 200.000 euro, oltre a sanzioni ed interessi. Le persone controllate sono, nella quasi totalità dei casi, donne provenienti dall’Est Europa (Moldavia, Romania e Russia) assunte con regolare contratto e con pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro.
In sostanza, le badanti maturavano una posizione contributiva ai fini pensionistici, usufruendo dei servizi forniti dallo Stato – come, ad esempio, l’assistenza sanitaria – senza la corresponsione di alcuna imposta. L’attività ispettiva ha permesso all’Agenzia dell’Entrate di emettere già oltre 50 avvisi di accertamento a fronte dei quali molti destinatari hanno già provveduto a saldare il proprio debito tributario in totale acquiescenza o nell’ambito dell’istituto dell’accertamento con adesione.
Tra i casi emersi più emblematici figura quello relativo ad una badante di origini moldave, residente nel Comune di Castagneto Carducci, la quale nel periodo preso in esame ha complessivamente percepito circa 80.000 euro (ossia 20.000 euro annui per circa 7,5 ore lavorative giornaliere, usufruendo, altresì, dei 30 giorni di ferie retribuiti) da parte del suo assistito: un nobile anziano. Va ricordato che, per la categoria di lavoratori in esame, il datore di lavoro non funge da sostituto d’imposta sebbene essi percepiscano una retribuzione assimilata a reddito di lavoro subordinato: colf e badanti, pertanto, sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi e pagare le imposte su quanto dichiarato. Generalmente, gli emolumenti ricevuti sono risultati trasferiti dalla maggior parte delle badanti tramite gli esercenti di rimesse di denaro all’estero (c.d. money transfer), verso i propri Paesi di origine.
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