Livornese a Ny: “Perché tifavo Hillary”
"I motivi della sconfitta? Gli americani temevano una nuova dinastia: dopo quella dei Bush quella dei Clinton. La candidata democratica però avrebbe rappresentato una rivoluzione sociale"
Nicola Fabbri, livornese di 30 anni ex vogatore dell’Ardenza, è uno dei tanti immigrati italiani sbarcato negli Stati Uniti per lavoro ormai da quattro anni. Vive nel New Jersey a un tiro di schioppo, o meglio di metro da Manhattan. Solo dieci minuti lo dividono dalla Grande Mela dove due anni fa si è sposato con Rachele, concittadina livornese che lo ha seguito per amore e per lavoro nella terra a stelle e strisce. Qui Nicola lavora da tempo e, grazie a un regolare contratto di lavoro, ha conseguito la Green Card, la carta verde, che lo equipara in tutto e per tutto ad un cittadino americano. Tutto tranne che per il voto.
Ed è quindi con passione e attesa che il nostro livornese in America ha seguito queste presidenziali che hanno visto trionfare Trump su Hillary Clinton. “Avrei votato Hillary se solo avessi avuto il diritto di voto – spiega Nicola con un articolato messaggio vocale mentre si reca al lavoro sulle sponde del fiume Hudson di primo mattino all’alba dell’esito delle urne – Hillary infatti avrebbe rappresentato il primo presidente donna nella storia degli Stati Uniti d’America, una rivoluzione sociale non indifferente con molti diritti in più per gli omosessuali e gli immigrati.
Alla fine quella poltrona è forse il posto più ambito del mondo e farci sedere una donna avrebbe voluto dire molto. Al di là della rivoluzione culturale la Clinton avrebbe proseguito tutte quelle politiche che Obama aveva intrapreso anche per noi immigrati, perché questo sono, un immigrato, e che aveva portato la sanità a portata di tutti grazie all’Obama Care e abbassato il tasso di disoccupazione del 4,8%. Provvedimenti importanti che non credo proseguiranno sui binari di Trump visto che come proposito pre-elettorale, il neo presidente aveva annunciato di abolire proprio il sistema sanitario nazionale imposto da Obama e quindi di togliere i diritti a chi non aveva modo di potersi permettere un’assicurazione medica. Qui infatti, dovete sapere, che senza assicurazione un intervento chirurgico si aggira intorno ai 40mila dollari e una prescrizione clinica sui 600 dollari. Cifre pazzesche che non dico certamente a caso”.
E sui motivi della sconfitta parla chiaro. “Forse c’era troppa certezza che avrebbe vinto la moglie di Bill. Da due settimane a questa parte però – continua Fabbri – il clima è cambiato e si iniziava a percepire una possibilità di vittoria del neo eletto presidente che ha saputo parlare alla pancia dell’americano medio, mediamente ignorante e poco istruito, riuscendo così a vincere, oltre che negli stati rurali e interni come Kansas, Arkansas e Texas, anche negli stati chiave come Florida e Pennsylvania. Una batosta notevole per Clinton che, alla luce della bruciante sconfitta, credo dovrebbe rassegnare le sue dimissioni dal partito democratico americano. Detto ciò, un altro motivo della sconfitta, penso si possa imputare anche al fatto che gli americani non volessero più “dinastie” in plancia di comando del loro Paese. Nel senso che dopo Regan abbiamo avuto la dinastia Bush, interrotta solo da Obama e adesso per altri 4 o 8 anni rischiavamo di avere al governo la dinastia Clinton. Questa scelta, questa candidatura credo che sia stata punita dagli elettori statunitensi”.
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